Inutile negarlo: secondo un comune atteggiamento culturale esiste una specifica età nella vita di una donna a partire dalla quale essa è considerata sessualmente sempre meno attraente e in cui diventa più difficile trovare lavoro: insomma, un vero e proprio punto di partenza verso il declino. Così realizzare una commedia accattivante e brillante su una cinquantenne, per giunta sola e con due figlie, che perde il lavoro, non era impresa facile. Invece la regista Blandine Lenoir, al suo secondo lungometraggio, ci è riuscita perfettamente. 50 Primavere è una commedia romantica, che affronta tabù e dona originali spunti di riflessione. Girata a La Rochelle, nella provincia francese, sull'Oceano, il film narra le vicissitudini di Aurore (Agnès Jaoui), una donna vera, sia per le forme – viste raramente al cinema– che per carattere, un misto di fragilità e forza che rendono autentico il suo personaggio. Il suo mondo è reale, fatto anche di discriminazioni sociali, debolezze, litigi e incomprensioni familiari, ma questa bella e fiera signora di mezza età, non si arrende mai e strizzata in gonne di pelle nera e golfini colorati, ci insegna che se ne può uscire lo stesso vincenti. Blandine Lenoir aveva già affrontato argomenti del genere, insieme al legame fra le diverse generazioni, in Zouzou, il suo primo lungometraggio. Anche questa volta si focalizza più sui personaggi che sulla storia e la solidarietà femminile ne esce protagonista, in una carrellata di personaggi buffi, divertenti, sorprendenti: un'impiegata dell'ufficio di collocamento che non finisce mai le frasi; l'ottuagenaria ospite di una piccola casa di riposo reduce da un amore sensuale e travolgente; la migliore amica di Aurore, la spiritosa e indipendente Mano (Pascale Arbillot). Anche i rapporti generazionali madre-figlia sono affrontati con sensibilità ed umorismo, in particolare la sindrome del “nido vuoto”, il delicato momento in cui i figli, ormai adulti, vanno via di casa. Nel film è stata inserita una vera intervista all'antropologa e etnologa femminista Françoise Héritier che spiega che fino a poco tempo fa, una volta sopraggiunta la menopausa, l'esistenza di una donna diventava di colpo vuota priva di significato, non essendo più il suo corpo utilizzabile per fare figli. Il discorso dell'emancipazione femminile da stereotipi e ruoli socialmente imposti, sta diventando sempre più rappresentato al cinema, spesso grazie alle registe donne, che sanno imporsi per accuratezza della narrazione, punti di vista mai scontati e una buona dose di ironia. Due esempi sono il film Bad Moms o la serieI love Dick. Forse alla nostra protagonista non tutto va per il verso giusto, ma l'anima di Aurore non smette di sognare, desiderare, ascoltare musica, amare la vita. Secondo le parole della stessa regista, «non è l'innamoramento che la salva, è grazie al fatto che ritrova la sua dignità che è in grado di innamorarsi di nuovo».