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Avengers: Infinity War

04/05/2018 11:00

Marco Filipazzi

Recensione Film, CineComics,

Avengers: Infinity War

Un evento cinematografico più unico che raro

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Ancor prima di uscire, Avengers: Infinity War aveva già collezionato numerosi primati come se fossero Gemme dell’Infinito. Il primo teaser è stato il più visto della storia con oltre 230 milioni di click nelle prime 24 ore, mentre il secondo trailer si è aggiudicato la medaglia di bronzo con 179 milioni (nel mezzo quello di It con 197). Un altro record l’hanno stabilito le prevendite: negli USA, in sole 6 ore, hanno superato del 258% quelle di Black Panther! C’è anche chi parla di film più costoso mai prodotto visti i 500 milioni di dollari stanziati dalla Disney: anche se la cifra non è confermata, non è difficile intuirne la veridicità dato il firmamento di stelle ingaggiate nel cast. Inoltre il film ha rastrellato in Italia più di 3 milioni in 24 ore dall’uscita, diventanto il miglior esordio di sempre per un cinecomic nel nostro paese. D’altra parte non poteva che essere così. Perché Avengers: Infinity War non è un semplice film e non può essere né visto né giudicato in quest’ottica: è il traguardo (parziale) di un cammino che i Marvel Studios hanno inizato 10 anni fa, la loro summa massima, la punta di diamante dei cinecomics moderni. Una pellicola che trascende persino il concetto di “film-evento” contemporaneo. Il suo punto di forza non sta nella trama, praticamente già nota al momento dell’annuncio del film nell’ottobre 2014: Thanos si getta personalmente alla caccia delle Gemme dell’Infinito dopo che i vari servi che negli anni hanno cercato di portargliele (non ultimo Loki) hanno fallito. Gli Avengers sono la sola speranza nell’universo di fermare il Folle Titano. I fratelli Russo (già registi per la Marvel di Captain America: The Winter Soldier e Captain America: Civil War) hanno però da subito dichiarato che ci sarebbero state delle sorprese. Molte. E in effetti è così! La curiosità è stata alimentata anche dallo stato di segretezza con cui il film è stato promosso: le anteprime sono avvenute a ridosso dell’uscita mentre registi e cast hanno pregato attraverso i social sia la stampa che il pubblico di mantenere il massimo riserbo per non rovinare la sorpresa agli spettatori ancora vergini.


Il pubblico entrato nelle sale cinematografiche di tutto il mondo era consapevole di star per assistere a un evento cinematografico più unico che raro. Del resto è ormai palese che Marvel sia riuscita a sdoganare i cinecomics rendendo i suoi personaggi fruibili anche a chi magari non ha mai aperto un fumetto in vita sua. A coloro invece che per anni hanno macinato pagine su pagine di comics, la prima ora dà proprio la sensazione di stare assistendo a un mega evento fumettistico: un continuo susseguirsi di personaggi presentati singolarmente, la cui storyline mano a mano si intreccia a quella di molti altri. Una parata disinvolta di scene di breve durata che ci introducono Thor, Loki, Hulk, Tony Stark, Dr. Strange, Spiderman e via via tutti gli altri, cambiando con disinvoltura registro di tono per adattarsi a quello che più si addice al personaggio in scena. Una sottigliezza: la nonchalance con cui vediamo una dopo l’altra questa sequela di stelle hollywoodiane è stata resa possibile da 10 anni di pianificazione maniacale da parte della Marvel, che non ha mai messo in cantiere un film senza pensare a come sviluppare almeno i tre successivi. Un puzzle intricatissimo che nella singolarità dei suoi tasselli magari non è sempre stato così organico e fluido (spesso per questioni di gusto personale), ma che visto nel suo insieme è indubbiamente encomiabile.


Il vero asso nella manica del film è proprio questo: avendo presentato a dovere i singoli personaggi, approfondendone le psicologie attraverso 18 film, il pubblico ormai li percepisce come amici. Ogni eroe è vero, credibile, e sebbene chiunque di noi abbia delle preferenze, siamo comunque affezzionati a tutti loro. La forza emotiva della Marvel è l’aver saputo creare un’empatia senza precedenti tra personaggi e pubblico. Ma i veri protagonisti non sono gli eroi (che nonostante siano tantissimi trovano ognuno il giusto spazio e il proprio momento di gloria) bensì il cattivo. «Infinity War non è un film sugli Avengers, ma un film su Thanos» hanno dichiarato i fratelli Russo. Ed effettivamente così. Josh Brolin regala una performance straordinaria nei panni (digitali) del Folle Titano e per una volta tanto non ci troviamo davanti a un cattivo macchiettistico. Thanos è complesso, sfaccettato, le sue motivazioni sono logiche, dettate sì da un pizzico di follia, ma anche da lucido raziocinio e una notevole componente di sofferenza personale. Non è un semplice villain, ma un personaggio completo, indagato a 360 gradi e con il quale, in più di una scena, il pubblico arriva persino a empatizzare.


Il film presenta comunque delle imperfezioni (alcune battute evitabili e un po’ meno di macchina a mano negli scontri non avrebbe guastato) ma d’innanzi alla grandiosità della messa in scena tutto è perdonato. Avengers: Infinity War è un giro sulle montagne russe, uno di quei film che ti tramortisce facendoti ridere, esaltare e piangere nel corso delle sue due ore e 40. Uno di quei film che vorresti che non finisse mai perché è tutto ciò che hai sempre sognato; il sogno di un vecchio nerd che diventa finalmente realtà. Perciò scegliete lo schermo più mastodontico della vostra città ed entrate nel buio della sala a mente sgombra, cercando di rilassarvi. Avengers: Infinity War ridà senso a parole abusate come «epico», «colossale» e «magia del cinema» al punto che alla fine ne vorrete ancora. Una nota: la Parte II uscirà tra un anno esatto e nessun’altra attesa sarà mai stata così lunga.


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