Sulle note di Perfect day, uno dei brani più abusati nel cinema e non solo, si apre questo quarto lavoro che Francesco Bruni firma dietro la macchina da presa: Cosa sarà, ci si chiede già un po' a disagio mentre la voce di Lou Reed passa su Kim Rossi Stuart che viene rasato a zero: una canzone americana (non l'unica) che suona subito fuori posto in un film italiano.
Bruno Salvati (assonanze non casuali) è un regista quarantasettenne poco conosciuto che sta per iniziare la chemioterapia dopo una diagnosi di leucemia.
Il film ricostruisce la sua storia prima e dopo la malattia, allargando un po' alla volta il campo d'azione del protagonista fino ad abbracciarne tutta la vita: una madre scomparsa troppo presto, un padre che in pratica non c'è mai stato, una sorellastra che potrebbe cambiargli la vita; al suo fianco una ex moglie che forse ama ancora e due figli adolescenti, che ama sicuramente moltissimo.
Francesco Bruni, sceneggiatore di molte pellicole di tutto rispetto, dirige nuovamente un film incentrato sui rapporti tra padri e figli (o più in generale sui confronti generazionali) come aveva fatto nelle sue pellicole precedenti.
Abbandonata però la commedia innocua e romanesca di Scialla e anche di Noi 4 e Tutto quello che vuoi, prova il film drammatico: il tema della malattia prende inevitabilmente il sopravvento, senza però rinunciare al proprio carattere scherzoso e al bisogno di sdrammatizzare con una battuta. Ed è lo stesso protagonista che dichiara di fare film che fanno ridere, o che almeno ci provano: riferimento a se stesso che torna anche nel non prendersi troppo sul serio, come quando un malato muore prima del dibattito sul film improvvisato in ospedale o quando il produttore rivela a Bruno perché non lo vuole nessuno. Boutade sul solito cinema che sono uno dei segnali della voglia di Bruni di uscirne, di liberarsi del suo ormai conclamato provincialismo. Ma rischia di fare il passo più lungo della gamba e di perdersi, proprio come Bruno bambino che sbaglia piano e lascia cadere la bottiglia di latte in una casa che non è la sua.
Cosa sarà è un'opera che ha i suoi momenti buoni ma anche troppe note: i seppiati ricordi d'infanzia con la madre scomparsa, i continui salti temporali e ancora di più quelli di registro, con la battuta che stempera il dramma ma gli toglie quella credibilità che stava conquistando a fatica. Come la prova d'attore di Kim Rossi Stuart, senza dubbio difficile e anche interpretata meglio di quanto avrebbero fatto altri, ma lo sforzo di riuscire c'è e si vede. Bene i personaggi dei figli (molto brava Fotinì Peluso), male quelli del padre e della dottoressa, a metà strada quello della sorella: l'avventura a Livorno è gioco forza un po' il cinema di Paolo Virzì (Bruni spesso con lui alla sceneggiatura) ma anche quello di Silvio Soldini, con personaggi dolenti e stralunati sui cui drammi soffia un'aria serena, da fiaba comica.
Cosa sarà è di Francesco Bruni l'opera più ambiziosa e fatalmente la più stonata: tra note prese bene e qualche stecca di troppo, resta soprattutto un senso di vuoto, di imperfetto, di incompiuto. Eppure è proprio questo che, almeno in parte, risolve paradossalmente a suo favore. Ed è ancora una canzone, stavolta intonatissima con il film, che nella scena finale lo rimette in piedi.
Genere: commedia, drammatico
Titolo originale: Cosa sarà
Paese/Anno: Italia,2020
Regia: Francesco Bruni
Sceneggiatura: Francesco Bruni
Fotografia: Carlo Rinaldi
Montaggio: Alessandro Heffler
Interpreti: Barbara Ronchi, Elettra Dallimore Mallaby, Fotinì Peluso, Giuseppe Pambieri, Kim Rossi Stuart, Lorenza Indovina, Nicola Nocella, Ninni Bruschetta, Raffaella Lebboroni, Stefano Rossi Giordani, Tancredi Galli
Colonna sonora: Mattia Carratello, Stefano Ratchev
Produzione: Palomar, Vision Distribution
Distribuzione: Vision Distribution
Durata: 101'