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Dragon Ball - Stagione 1

25/04/2017 11:00

Riccardo Cotumaccio

Recensione Serie TV,

Dragon Ball - Stagione 1

“Dragonball” nasce dalla penna di Akira Toriyama nel 1984, una volta terminato il ‘caricaturale’ e infantile “Dottor Slump & Arale”...

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“Dragonball” nasce dalla penna di Akira Toriyama nel 1984, una volta terminato il ‘caricaturale’ e infantile “Dottor Slump & Arale”. L’autore giapponese, all’epoca ventinovenne, si lascia ispirare da “Il viaggio in Occidente” (classico della letteratura nipponica, risalente a fine ‘500) per ridisegnare i volti di un cast sì bambinesco, ma votato alle arti marziali e alla lotta contro il male. Svelata per la prima volta sulla rivista Weekly Sh?nen Jump, la saga di Son Goku - un bambino dalla coda fulva e dalla forza smisurata - affascina da subito il grande pubblico, conquistandosi in diverse decadi il ruolo di secondo manga di sempre per volume di vendite, battuto solo da “One Piece” (opera ancora in pubblicazione). La serie animata, prodotta da Toei Animation, va in onda su Fuji Tv dal 26 febbraio 1986 al 19 aprile 1989, per poi approdare in Italia (Junior Tv) nell’89 e in versione completa - seppur censurata - su Italia1 nel 1995.


Goku, adorabile nonché forzuto bambino, vive nelle foreste procacciandosi da solo il cibo, ignorando i progressi tecnologici del mondo e stringendo a sé l’unico oggetto cui tiene con particolare dedizione: l’ultimo regalo del defunto nonno Gohan, una sfera del drago. All’oscuro delle sue capacità sovrannaturali, il piccolo combattente - munito di una strana coda - fa la conoscenza di Bulma, avvenente e intraprendente ragazzina a caccia di sfere simili a quella lasciatagli in eredità dal nonno. I due, nonostante le iniziali difficoltà, partono all’avventura per cercarle tutte: sette, a detta dell’adolescente dai capelli celesti. Se riunite evocano un drago, pronto a esaudire qualsiasi desiderio. Il viaggio dei due si imbatte da subito nella conoscenza dei più disparati personaggi: da Olong, un maialino capace di trasformarsi in qualunque cose, a Yamcha, ex fiamma di Bulma, passando per Chichi - futura moglie di Goku - e per il maestro Muten (Eremita della Tartaruga). Disposto ad allenarsi presso il maestro, in compagnia del suo amico Crilin, Goku partecipa al suo primo Torneo Tenkaichi, campionato mondiale di arti marziali. Una volta disputato decide di sfidare l'Esercito del Red Ribbon (“fiocco rosso”), il cui leader vuole sfruttare le sfere del drago per fini egoistici. Nuovi antagonisti si intrecciano con Goku nel finale della prima serie, dall’abile Tensing al malvagio Al Satan, fino all’ultima, grande sfida di un protagonista divenuto ormai adolescente e pronto alla battaglia con Piccolo. Un cattivo dal nome innocuo, ma più spietato che mai e a caccia di vendetta.


“Dragonball” è stato capace di entrare per sempre nell’immaginario collettivo di decine di generazioni in giro per il mondo. Questo grazie a un uso sapiente della penna da parte di Toriyama ma soprattutto a una serie animata che - prima in Giappone, poi in Italia grazie al doppiaggio di Mediaset - ha affascinato milioni di telespettatori. La prima di tre saghe - seguita da “Dragonball Z”, sequel naturale della prima, e “Dragonball GT” (non a firma di Toriyama) - riesce a unire con semplicità concetti opposti tra loro: dolcezza e violenza, combattimento e amicizia, tenerezza e crudeltà. La crescita di Goku, l’iniziale difficoltà nel coltivare rapporti umani e l’ascesa a eroe del gruppo (e più tardi della Terra), è il punto di forza della trama. Il lettore prima, il telespettatore poi, si fa trascinare dagli eventi rispecchiandosi in un personaggio ingenuo quanto determinato, con il solo obiettivo di salvare i suoi amici dal male e di confrontarsi con se stesso, diventando sempre più forte. “Dragonball”, a differenza dei sequel, non si concede contraddizioni né eccessi di alcun tipo. Segue uno scorrimento coerente, dividendosi nella fase iniziale di conoscimento, quella di evoluzione dei personaggi e infine nel traguardo finale, l’età degli adulti. Preludio alla scoperta di misteri inimmaginabili prima, come la vera natura di Goku e le sue origini aliene. L’avventura del piccolo bambino capelluto è una sfida costante con se stesso e in questo sta l’insegnamento più saggio del manga giapponese: trasmettere ideali puri e innocenti nonostante il ruolo centrale che il combattimento fisico riveste negli episodi (segreto ripreso poi da altri autori, come Masashi Kishimoto in “Naruto”). Una chiave di lettura che ancor oggi porta a repliche e ristampe di ogni tipo in diverse parti del mondo, con tanto di film nuovi di zecca (“La battaglia degli dei”, 2013 e “La resurrezione di F”, 2015).


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