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Nerve

26/05/2017 11:00

Marco Filipazzi

Recensione Film,

Nerve

Un film che denuncia la pericolosità di internet, sulla scia dei social-horror

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Nerve è uscito negli Stati Uniti quasi un anno fa, nel giugno 2016, e nella maggior parte degli altri mercati mondiali a cavallo dell’estate scorsa. In quel periodo l’accostamento più comodo sarebbe stata una rilettura in salsa teen e post-moderna del The Game di David Fincher, ma l’uscita nel nostro paese fa da fanalino di coda alla distribuzione del film e capita a fagiolo per sfruttare il polverone mediatico sollevato dalla Blue Whale. In queste settimane la notizia sta imperversando su internet, radio, TV e social network, con un tempismo tanto sincronizzato da rasentare il complottismo. Ma procediamo con ordine e iniziamo con il chiarire che cos’è la Blue Whale. Si tratta di una sorta di “gioco”: i ragazzi vengono adescati su VKontakte, il Facebook russo (il caso mediatico è esploso proprio lì) e invitati a completare 50 sfide, le quali verranno comunicate a loro tramite il social da un tutor. Il percorso che si trovano ad affrontare è macabro e senza scampo. Nella quasi totalità dei casi li trascina in un gorgo di depressione e autlesionismo che culmina con un suicidio volontario: il salto nel vuoto dal palazzo più alto della città. Per quanto tutto questo possa apparire assurdo o simile alla trama di un horror estremo, si tratta purtroppo di qualcosa di vero o di presunto tale.


Che cos’è Nerve invece? Un film, ovvio, ma che prende il nome dall’omonimo gioco che sta al centro della vicenda: un gioco on-line a cui chiunque si può iscrivere attraverso il proprio account Facebook come spettatore o concorrente. Le regole sono semplici: gli spettatori pagano un’irrisoria quota d’iscrizione per assistere e decidere le prove che i concorrenti dovranno affrontare e portare a termine in cambio di premi in denaro. Inutile dire che più si va avanti, più il montepremi aumenterà e più le prove diverranno rischiose. Per arricchire ancor di più il quadro e mischiare ulteriormente le carte tra realtà, finzione e vite on-line che spesso stanno a cavallo tra questi due mondi, aggiungeteci il fatto che Nerve è stato diretto da Henry Joost e Ariel Schulman. Il duo è il medesimo che sta dietro al programma-reality di MTV Catfish: False identità, che si occupa di smascherare persone che, attraverso i social network, si fingono chi in realtà non sono, nascondendosi dietro profili fittizi per stringere relazioni e ingannare terzi interlocutori.


Preso singolarmente ed estrapolato da qualsiasi contesto Nerve è un buon film d’intrattenimento estivo, facile da seguire e prevedibile in alcune svolte narrative, con alcune sequenze che tengono alta la tensione (la corsa in moto) e altre che ti fanno sorridere (la scena nel centro commerciale) grazie anche a una buona chimica tra i protagonisti Dave Franco ed Emma Roberts. Uno di quei film che si vedono per trascorrere una serata ma che passano indenni senza lasciar molte tracce. Ma se si ingrandisce il quadro e ci si approccia alla visione del film tenendo a mente il docu-rality Catfish: False identità e le notizie di cronaca legate al Blue Whale, allora Nerve appare come qualcosa di molto più grosso. A tratti quasi un film horror – specialmente nel finale nell’arena – a tratti un film di denuncia sulla pericolosità di internet, sulla scia dei cosiddetti social-horror come Megan is Missing, The Den, ma anche l’episodio Hated of the nation della serie Black Mirror. Film che nascono come monito di denuncia e con cui Nerve riesce a tenere il passo solo se visto all’interno del suo contesto generale. In quest’ottica riesce a elevarsi su di un piano che non gli appartiene, allineandosi a prodotti di ben diversa fattura, ma con i quali condivide un animo più simile di quanto fosse originariamente negli intenti degli autori.


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