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Exodus - Dei e Re

17/01/2015 12:00

Marco D'Amato

Recensione Film,

Exodus - Dei e Re

Intorno al 1300 AC il popolo ebraico vive schiavo in Egitto da ormai quattro secoli, in attesa che si compia la profezia e venga liberato dal suo salvatore...

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Intorno al 1300 AC il popolo ebraico vive schiavo in Egitto da ormai quattro secoli, in attesa che si compia la profezia e venga liberato dal suo salvatore. Mosè (Christian Bale), le cui origini ebree sono sconosciute a tutti, viene allevato alla corte del faraone Seti (John Turturro) come fratellastro dell’erede all trono Ramses (Joel Edgerton), di cui diventa luogotenente in battaglia. Quando dopo la morte di Seti la verità sulla sua nascita viene galla, Mosè - allontanato dal nuovo Faraone - prova a iniziare una nuova vita in un villaggio di pastori, sposando Sefora. Ma il destino gli riserva ben altro: l'incontro con Dio sul monte Oreb gli darà il coraggio necessario a guidare il suo popolo nella lotta per la libertà.


Per mettere nuovamente in scena storia già letta, ascoltata e vista decine di volte come quella biblica narrata nel libro dell’Esodo, bisogna avere idee chiare e un messaggio forte da mandare. Soprattutto se a essere ridestato è il ricordo del modello aureo dell’epica religiosa hollywoodiana, la versione 1956 de I Dieci Comandamenti di Cecil B. DeMille, con Charlton Heston e Yul Brynner. Ridley Scott affronta l'epica religiosa in bilico tra narrazione storica, biopic e kolossal, senza riuscire a districarsi a pieno tra le infinite pieghe di un racconto antico quanto il mondo.


Al centro della narrazione, il regista pone il confronto/scontro tra i due fratellastri Mosè e Ramses: divisi dall’amore incerto di un padre che preferisce il figlio adottato al sangue del suo sangue, messi l'uno contro l'altro da una profezia, uniti da un destino che li porta a sfidarsi sul letto del Mar Rosso. Le pesanti ellissi temporali gravano sullo script almeno quanto la sfuggevolezza del protagonista: guerriero, leader e profeta, Mosè è tenutario di un rapporto con Dio che diventa - in maniera molto “americana” - reale, mai figurato, mai sotteso. Più adatto a interpretare un luogotenente guerriero che il Pastore di Popoli, Christian Bale non sembra completamente a suo agio nel ruolo che Ridley Scott ha invece fortemente voluto gli fosse assegnato. Anche l’intero cast appare mal sfruttato, con attori come Ben Kingsley e Sigourney Weaver costretti a comprimari facilmente dimenticabili. Ovviamente, la tecnica cinematografica del 2014 e il budget a disposizione fanno della realizzazione formale del film un'opera che non può non lasciare il segno: dalla ricostruzione digitale dello splendore di Menfi fino alle spettacolari “piaghe” che si abbattono sulla popolazione, Scott realizza sequenze da kolossal che reggono il paragone con gli illustri predecessori. Le immagini dall’alto della migrazione degli ebrei, così come l'attesa scena della separazione delle acque del Mar Rosso (che si richiudono sulle truppe del Faraone) sono momenti cult il cui effetto sensazionalistico è amplificato da uno spettacolare 3D. Ma all’interno di una filmografia piena di successi come quella di Ridley Scott, si ha la sensazione che questo Exodus - Dei e Re rappresenti un passo falso o per lo meno un’occasione mancata. Un lavoro poco convincente sotto tutti i punti di vista.


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