Manrique (Marlon Moreno), è un burbero guardiano di saline che abita in solitudine lungo le coste del mare dei Caraibi. L’arrivo di Valeria (Valentina Abril), la vivace figlia di dodici anni di cui non conosceva l'esistenza, sarà per l’uomo l’occasione di ritornare a vivere. Presentato tra America Latina e Stati Uniti, apprezzato e premiato in Colombia, Cazando lucièrnagas, l’ultima poetica opera del regista e documentarista Roberto Flores Prieto, è un film che tra le magiche atmosfere della costa caraibica racconta la tenera vicenda dell’affetto ritrovato di un padre per sua figlia. La storia del brusco Manrique - la cui vita solitaria di guardiano di sale viene travolta dall’arrivo della dodicenne Valeria - dopo aver commosso il pubblico di alcuni dei più noti festival del Nord e Sud America, è sbarcata in Europa attraverso la distribuzione ispanica e infine giunta in Italia, nella selezione dell’ottavo Festival del Cinema di Roma. Un approdo fortunato perché Chasing fireflies (questo il titolo nella versione internazionale) è una pellicola che racconta con delicatezza, e senza drammi, la solitudine, sia essa quella disincantata dell’età adulta o quella spietatamente ostinata dell’adolescenza. Manrique e Valeria sono anime inquiete, ma dal loro incontro in un paesaggio semideserto entrambi possono scoprire un’unione spontanea e indipendente anche al vincolo di sangue che li lega. Rivelazione del film di Flores Prieto è la giovane Abril, attrice dotata di una spontaneità e genuinità tale da diffondersi con facilità sul suo personaggio e farne una protagonista deliziosa, l’unica in grado di affrontare i modi scostanti del padre e comprenderne, oltre l’aspetto introverso, il bisogno di compagnia e di affetto. Cazando lucièrnagas non è una pellicola movimentata né segue il ritmo rapido del cinema contemporaneo per ragazzi: è piuttosto un’opera intima che riflette sul concetto di incontro e di perdono, senza mancare di distribuire qua e là un pizzico di filosofia della predestinazione, tipica dello sguardo latino-americano, nota ad autori come Sepulveda e Garcia-Marquez. Da questi pilastri letterari Roberto Flores Prieto recupera non solo il concetto parafrasato per cui “nessun uomo è un’isola” ma anche le atmosfere magiche e un po’ irreali delle terre sudamericane che guardano al mare, valorizzate dalla fotografia di Eduardo Ramirez Gonzalez, che riprende alcune delle più belle e selvagge zone della Colombia in cui si trova solo mare e notti scurissime illuminate da milioni di lucciole, le stesse che danno il titolo al film. Come a voler ribadire che, per quanto volga lontano, ogni sguardo ha bisogno di un punto di partenza e di un approdo, quasi sempre rappresentato da una terraferma di affetti veri.