Ancora una volta Cillian Murphy non smentisce la sua fama di anti-divo: reduce dalla vittoria del Premio Oscar come Migliore Attore Protagonista per il kolossal di Christopher Nolan Oppenheimer, sceglie come sua prima impresa post-statuetta non un altro blockbuster hollywoodiano bensì un piccolo film tratto dal romanzo di Claire Keegan vincitore dell'Orwell Prize e candidato al Booker Prize: Piccole cose come queste (Small Things Like These).
Basta leggere la trama per capire come mai Murphy si sia innamorato di questa storia, al punto di produrre il film insieme alla coppia di amiconi Matt Damon & Ben Affleck.
Irlanda, 1985: Bill Furlong (Murphy) è un commerciante di carbone che lavora duramente e ogni sera torna a casa da una famiglia numerosa, che lo ama e lo rispetta come chiunque nella sua piccola comunità.
Tra le clienti più assidue di Bill ci sono le suore di un convento per signorine che, presto, il carbonaio scoprirà essere un posto tutt’altro che santo: qui dentro, infatti, le religiose ospitano orfane e ragazze rimaste incinte fuori dal matrimonio, riservando loro un trattamento disumano.
Inizia così per il protagonista un dissidio interiore (che si somma a ciò che del suo passato già lo tormenta): mettersi contro il potente convento, per salvare una ragazza che potrebbe essere sua figlia, oppure proseguire la sua vita di uomo qualunque ignorando la miseria e la violenza del mondo?
Apparentemente, Piccole cose come queste è il film perfetto per Cillian Murphy: irlandese il romanzo, irlandese lo sceneggiatore Enda Walsh, irlandese l’ambientazione, irlandese il cattolicesimo tetro e repressivo contro cui l’ombroso protagonista si trova a scontrarsi. È logico, quindi, che i fan vadano al cinema fiduciosi: in fondo si tratta di ritrovare il loro attore preferito nel ruolo confort dell’uomo tormentato dal passato misterioso (non si contano più le volte che Murphy ha interpretato questa parte, ma una bella commedia romantica quando?) che trova improvvisamente il coraggio di scagliarsi contro la violenza di una Chiesa prepotente solo con chi non può difendersi.
Purtroppo, però, Piccole cose come queste non è un film di Ken Loach e neppure di Clint Eastwood: l’impressione generale, alla fine della visione, è che Enda Walsh abbia rinunciato ad adattare Keegan nello stesso modo in cui il regista Tim Mielants non si sia neppure sforzato di trovare soluzioni cinematografiche per fare funzionare sullo schermo un romanzo, per carità, forse troppo esistenziale, ma che certamente meritava una sceneggiatura migliore.
Il primo tempo soporifero, che apre infinite parentesi senza chiuderne neppure una (il flashback sull’infanzia di Bill, la sua precaria situazione economica, la relazione con la moglie e le figlie), si conclude con una grande scena madre - per la verità, l’unica scena madre del film - ossia l’incontro tra Bill e Sarah nello studio della madre superiora interpretata da Emily Watson. Dimenticate le badesse demoniache di The Nun e Omen: la suora di Piccole cose come queste è una creatura malefica degna dei peggiori horror. Interamente retta dal gioco di sguardi tra Murphy e Watson, questa unica sequenza è tutto ciò che nel film si può definire cinematografico: decisamente pochino, considerata la durata di 98 minuti.
La seconda parte, al contrario, corre velocissima e dimentica delle molte linee narrative aperte in precedenza, appiattendo senza pietà il protagonista fino a renderlo grottesco e bidimensionale. Poi, proprio quando sembra che, finalmente, la trama stia decollando… il film finisce. Incredibile.
Tagliando cinquanta/sessanta minuti, Piccole cose come queste poteva essere il buon pilota di una serie tv; così com’è, invece, non si capisce bene cosa sia.
Intere sequenze di sguardi nel vuoto del protagonista rendono grande giustizia ai bellissimi occhi azzurri di Cillian Murphy ma meno alla psicologia del personaggio, che resta eternamente irrisolta: chi non ha letto il romanzo si chiederà chi è davvero il misterioso Ned, cosa lega Bill a tutti gli orfani del paese, perché il protagonista è così sensibile al destino di una ragazza madre rinchiusa in convento.
E non si può nemmeno difendere questa scelta sostenendo che gli autori abbiano voluto rinunciare all’investigazione esistenziale di Bill per espandere il campo all’indagine sociale del contesto: non sono chiari i rapporti tra i membri del paesino irlandese in cui la storia è ambientata, tra la comunità e il convento, tra le ragazze ospitate e la cittadina, tra le suore e i tanti “figli del peccato” nati tra quelle mura. Tutto ciò, tra l'altro, comporta uno spreco inaccettabile di ottimi/e interpreti: oltre a Murphy e Watson, anche Clare Dunne e Eileen Walsh. Infine, oltre il danno la beffa: al termine del film compare sullo schermo per pochi secondi una didascalia che racconta ciò a cui, invece, sarebbe stato bello assistere.
Noi fan di Cillian Murphy abbiamo nervi di ferro e, ormai, sopportiamo le delusioni come se niente fosse: del resto, lo abbiamo visto negli assurdi panni del Custode del Tempo nel fantascientifico In Time (dove recita, ahia, niente meno che accanto a Justin Timberlake) e come marinaio di una baleniera in Heart of the Sea di Ron Howard, ambiziosamente ispirato a Moby Dick. Ci siamo sorbite il suo accento americano in 180 minuti di Oppenheimer e, probabilmente, abbiamo retto sei stagioni di Peaky Blinders. Insomma, ai film brutti e alle serie tv tamarre ci si abitua. Ci si affeziona persino. Ciò che fa sempre male, invece, è quando un film che sulla carta poteva essere perfetto viene sbagliato da cima a fondo.
Genere: drammatico
Titolo originale: Small Things Like These
Paese, anno: Belgio/Irlanda, 2024
Regia: Tim Mielants
Sceneggiatura: Enda Walsh
Fotografia: Frank van den Eeden
Montaggio: Alain Dessauvage
Interpreti: Agnes O'Casey, Cillian Murphy, Clare Dunne, Eileen Walsh, Emily Watson, Helen Behan, Liadán Dunlea, Louis Kirwan, Mark McKenna, Michelle Fairley, Zara Devlin
Colonna sonora: Senjan Jansen
Produzione: Artists Equity, Big Things Films
Distribuzione: Teodora Film
Durata: 98'
Data di uscita: 28/11/2024