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In Darkness

15/01/2013 12:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

In Darkness

Il cinema ricorda ancora una volta il dramma della Shoah a ridosso del 27 gennaio, Giorno della Memoria ...

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Il cinema ricorda ancora una volta il dramma della Shoah a ridosso del 27 gennaio, Giorno della Memoria . Stavolta tocca ad Agnieszka Holland, polacca di Varsavia, classe 1948, una carriera iniziata sotto l’ala di Andrzej Wajda e un esordio, Attori di Provincia, Premio della Giuria a Cannes, nel 1980.


Lvov, 1943. Nella Polonia ridotta in ginocchio dall’occupazione nazista, Leopold Socha (Robert Wieckiewicz), tecnico delle fognature, sbarca il lunario come può fra furti ed espedienti. Quando Bortnik (Michal Żurawski), ufficiale ucraino suo amico, gli propone di partecipare, da grande conoscitore delle fogne cittadine, al rastrellamento di ebrei nascosti sottoterra, Socha accetta di buongrado. Durante un’esplorazione l’uomo si imbatte in un gruppo di ebrei che gli offrono denaro in cambio del suo silenzio. Iniziato come un modo per fare soldi facilmente ma arrivando ad affezionarsi al gruppo di improvvisati compagni di sventura – Socha scoprirà col tempo di possedere un inaspettato coraggio che lo porta suo malgrado a scegliere, tra tutte le vie, quelle più rischiose.


Da qualche anno il cinema della Shoah, come se dopo Schindler’s List non avesse più altro da aggiungere, ha rinunciato a rappresentare gli orrori dello sterminio preferendo un approccio maggiormente psicologico e possibilmente più straziante. Nel 2002 Roman Polansky indagava la condizione di un’artista cui viene strappata la propria anima, qualche anno più tardi Mark Herman ne esplorava la tragedia con gli occhi dell’infanzia ne Il bambino con il pigiama a righe e Stephen Daldry portava sullo schermo "la banalità del male" con The Reader. In linea con questa tendenza, anche Agnieszka Holland, d’accordo con lo sceneggiatore David F. Shamoon, dirige un film che diversamente dal crudo saggio da cui è tratto - Nelle fogne di Lvov di Robert Marshall – rinuncia ad indugiare su particolari violenti e si concentra piuttosto sulla coincidenza claustrofobica tra l’ambientazione nel sottosuolo e il delicato equilibrio psicologico dei protagonisti, costretti in una prigionia forzata per sfuggire ai rastrellamenti nazisti, e di Socha, combattuto fra il dovere, l'amicizia e la coscienza. In Darkness, la vera – romanzata - storia di Leopold Socha che dal 1943 salvò un folto gruppo di ebrei dalla deportazione, è lo spunto, soprattutto mediante lo svolgimento di gran parte della vicenda nelle fogne, per una rappresentazione oscura e soffocante, grazie anche all'angosciosa fotografia di Jolanta Dylewska. La messa in scena dell’insopportabile cattività imposta ai protagonisti nelle tenebre della cloaca cittadina di Lvov è resa con una coerenza assoluta tra cura dell’immagine e sviluppo narrativo, in un risultato di opprimente tensione che coinvolge lo spettatore, trascinandolo nel buio e costringendolo a fare affidamento, per orientarsi nel film, solo alla luce di una lampada, unica speranza di salvezza da una sorte tragica e bandolo della lunga matassa - due ore e mezza - della pellicola. A regista e sceneggiatore va riconosciuto il merito di aver ricreato, in modo del tutto credibile, la paradossale e drammatica situazione degli ebrei di Lvov, fra topi, sporcizia, angoscia e dinamiche interpersonali oscillanti fra l’insofferenza e la solidarietà spontanea. Notevole in particolare la sequenza del parto così come i numerosi momenti di tensione, che lasciano presagire un imminente cedimento da parte di qualcuno del gruppo o un tradimento del protagonista.


Candidato polacco agli Oscar 2012 come miglior film straniero, In Darkness è un’opera intensa e raffinata, di particolare gusto estetico e di ottima fattura. Resta da dire però che il film della Holland - seppure tratti il tema della Shoah con grande delicatezza e profondità – aggiunga, in materia di originalità e contenuti, in effetti molto poco alla filmografia del genere, che resta ancora oggi una delle più frequentate dai registi di tutto il mondo (e in particolare da quelli dell’est europeo), in un sempre attuale monito alla memoria collettiva.


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