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Il responsabile delle risorse umane

14/11/2010 12:00

Angelica Tosoni

Recensione Film,

Il responsabile delle risorse umane

Il responsabile delle risorse umane del più grande panificio di Gerusalemme è costretto dalla direttrice dell’azienda a rimediare all’accusa di mancanza di uman

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Il responsabile delle risorse umane del più grande panificio di Gerusalemme è costretto dalla direttrice dell’azienda a rimediare all’accusa di mancanza di umanità rivoltagli da parte della stampa. In un attentato nel cuore di Gerusalemme, infatti, perde la vita una dipendente, la quale resta in obitorio per una settimana, poiché nessuno ne reclama il corpo. L’azienda non si è neppure accorta della sua mancanza. Venuto a conoscenza del fattaccio, un giornalista decide di rendere la vita difficile al capo dell’ufficio del personale, separato dalla moglie ed in difficoltà con la figlia adolescente. Dapprima, il protagonista vive l’intera faccenda come una seccatura e un fastidio, a poco a poco riscopre la propria umanità e, grazie anche al rapporto con il figlio della donna uccisa, decide di riportare nel paese di origine il feretro.


Tratto dallo splendido romanzo di Abraham B. Yehoshua, Il responsabile delle risorse umane, diretto da Eran Riklis, ne riproduce fedelmente l’intreccio e il tono. Un attentato a Gerusalemme mette in moto un racconto in cui si sovrappongono il cambiamento del protagonista che si confronta con il distacco da se stesso e dagli altri e la scelta di vivere in Israele. Riklis, già noto per Il giardino dei limoni, opta per una regia realistica che conferisce concretezza anche alle situazioni surreali riprese dal romanzo. La pellicola non è “raffinata”, ma non è neppure decorata da stilemi neorealistici: è in sostanza realisticamente simbolica. La luce grigiastra che illumina ogni fotogramma assegna ancora maggiore corporeità al viaggio on the road in cui uno stuolo di personaggi si raffronta con la morte, la vita, la meccanicità dell’esistenza, il senso di colpa, i propri limiti e le proprie paure. La responsabilità che poco a poco il protagonista assume su se stesso nei confronti di un’anonima dipendente, mette in luce il nesso tra singolo e singolo e tra singolo e umanità intera. Il protagonista scopre una fratellanza perduta, a poco a poco recupera il significato della “sorella gente” di cui narra la canzone che accompagna il film.


L’impianto narrativo di Yehoshua si arricchisce di componenti ricche di richiami. Inizialmente, il pane di Israele offerto dal protagonista pare solamente il biglietto da visita dell’azienda per cui lavorava la donna uccisa, con il progredire del racconto sembra proporsi come una possibilità di un’immediata intesa solidale. Un primo passo verso un’unione che supera le diffidenze e le differenze. Il responsabile delle risorse umane non è un film emotivo; è un film in cui l’emozione si accompagna alla meditazione. Come per Il giardino dei limoni, la pellicola non si divarica, non procede verso il dramma o verso la commedia, rimane sospesa tra i due termini. Rispetto al libro, il film di Riklis perde morbidezza, è meno scorrevole. Non mancano però momenti di intensità struggente, su tutti spicca l’entrata in un piccolo paese balcanico fangoso e ammutolito di un carro armato sovietico che trasporta la bara in cui riposa la donna uccisa. Le interpretazioni degli attori si accordano al senso di umanità che pervade il film, non ne spicca nessuna in particolare. Ogni personaggio scopre qualcosa di se stesso in relazione all’altro. Un campione di uomini si eleva a specchio del percorso di ciascuno verso un sentimento di condivisione più ampio e senza confini.


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