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Brave ragazze

04/10/2019 11:00

Marcello Perucca

Recensione Film,

Brave ragazze

Il nuovo film di Michela Andreozzi

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Esce nelle sale Brave ragazze, il nuovo film di Michela Andreozzi, scritto a quattro mani dalla stessa regista insieme ad Alberto Manni. Ispirato, come recita la didascalia iniziale, a una “incredibile” storia vera, questa action comedy tutta al femminile è tratta da un fatto di cronaca avvenuto oltre trent’anni fa, che aveva visto protagoniste quattro rapinatrici di banche che agivano travestite da uomini nella zona di Avignone, in Provenza. Andreozzi e Manni hanno fatto loro la vicenda, trasferendo l’azione nella splendida location di Gaeta, sulla costa tirrenica laziale, luogo di infanzia della stessa regista. Qui, all’inizio degli anni ottanta, vivono quattro giovani donne, unite da una profonda amicizia e accomunate dalle difficoltà della vita. Anna (Ambra Angiolini) è single, vive nella portineria della madre (Stefania Sandrelli) con due figli da mantenere e senza un lavoro stabile; Maria (Serena Rossi), assai devota alla Vergine, è vittima di un marito geloso e violento che la picchia spedendola ripetutamente al pronto soccorso; Chicca (Ilenia Pastorelli) e Caterina (Silvia D'Amico), infine, sono due sorelle dalle opposte personalità ma che sognano, entrambe, un futuro diverso e migliore. Tutte senza soldi e con la voglia di dare una svolta alla propria vita, decidono di tentare il colpo grosso presso la banca della loro città, con conseguenze tragicomiche facili da intuire.


Il film della Andreozzi si dipana così fra i preparativi della rapina e il tentativo di sfuggire alla polizia. Indagini che sono condotte dall’ispettore Morandi (èLuca Argentero), che vorrebbe assomigliare a Maigret e che si innamora, ricambiato, di Anna. Non mancano situazioni paradossali, con le quattro che cantano nel coro della chiesa diretto da un prete sui generis interpretato da Max Tortora. Purtroppo però Brave ragazze, pur strappando qua e là un sorriso, si regge su una trama piuttosto esile e prevedibile, con personaggi - principali e di contorno – abbastanza scontati e interpretazioni piuttosto anonime (eccezion fatta per quella di Max Tortora, bravo nei panni del sacerdote). L’intenzione degli autori sarebbe stata quella di introdurre, in una sceneggiatura da commedia brillante, tematiche forti come la violenza domestica o il lavoro precario e malpagato che già nei “ruggenti” anni Ottanta cominciava a far sentire la sua morsa. Il risultato finale, però, è quello di un prodotto di consumo che scorre via, da un lato senza mai veramente divertire e, dall’altro, senza graffiare e senza far realmente riflettere sugli aspetti sociali che vorrebbe affrontare. In definitiva un film che non coinvolge lo spettatore e che disattende ogni seppur minima aspettativa.


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