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Automata

05/03/2015 12:00

Francesco Restuccia

Recensione Film,

Automata

2044, futuro post-apocalittico: il mondo è un immenso deserto in espansione e i pochi umani sopravvissuti, provenienti da ogni Paese, sono riuniti nella Città..

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2044, futuro post-apocalittico: il mondo è un immenso deserto in espansione e i pochi umani sopravvissuti, provenienti da ogni Paese, sono riuniti nella Città. Nonostante le conoscenze siano progredite, la mancanza di risorse ha provocato un arresto nel ritmo dello sviluppo tecnologico. Sono stati creati milioni di robot, ancora un po’ impacciati e meccanici, che aiutano gli esseri umani in ogni loro attività. Per tentare di limitarne il potere, potenzialmente immenso e incontrollabile, i robot sono provvisti di due protocolli che non possono essere modificati: non possono nuocere agli esseri umani e non possono modificare se stessi. Jacq Vaucan (Antonio Banderas) è un agente assicurativo che lavora per la ROC - la società che ha il monopolio sulla costruzione e riparazione dei robot - e si occupa principalmente si smascherare le truffe di chi finge malfunzionamenti dei robot. La sua è una vita di routine, almeno finché non viene chiamato a investigare su un caso straordinario: un robot pare aver infranto il secondo protocollo, auto-riparandosi. Vaucan inizia così un’indagine che lo porterà nel ghetto, la baraccopoli ai margini del deserto (dove potrebbe nascondersi “l’orologiaio” responsabile di qualcosa che sembrava impossibile), per mettere in discussione la stessa idea di coscienza e la pretesa dell’uomo di essere unico e superiore.


Automata è fantascienza a basso costo. Se da una parte gli effetti speciali lasciano piuttosto a desiderare, l'attenzione è tutta rivolta ai contenuti. Il ritmo è buono e la storia affascinante; peccato solo per alcune cadute nella sceneggiatura, comportamenti davvero poco credibili, come Vaucan che passeggia tranquillamente per la zona proibita cinque minuti dopo aver visto un uomo che veniva ucciso per lo stesso motivo. A parte la terribile introduzione - con la descrizione del futuro in sovrimpressione su un’immagine del sole - l’ambientazione del film riprende i toni arcaico-futuristici di Blade Runner e di 1984, ma evoca anche scenari post-nucleari alla Io sono leggenda. Nel mondo di Automata c’è tanto da rimpiangere, ma anche qualcosa da perdere. Qualcosa per cui abbia senso sperare.


Un film noir, non solo nei colori (cupi nella città, bianchi accecanti nel deserto) ma anche nei personaggi: Vaucan ricorda gli investigatori privati dei romanzi di Chandler o il personaggio di Harrison Ford nel cult di Ridley Scott. Disilluso, diffidente, ingrigito dallo squallore che lo circonda ma dotato di quell’ironia che mostra in lui ancora qualcosa di vivo. Forse è proprio la sua sfiducia nel genere a cui appartiene, accompagnata dalla fede in solo poche persone, che permette al protagonista di andare oltre la distinzione tra umani e non-umani e capire che gli individui valgono per ciò che fanno e non per la specie a cui appartengono. L’intero film può essere letto come una rappresentazione della crisi della nostra società: dall’accettazione dell’altro alla consapevolezza (evidente quando i robot si tolgono la maschera umanoide) che l’ultima speranza sta in un altro modello di vita e di società.


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