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Hansel e Gretel - Cacciatori di Streghe

05/05/2013 11:00

Erika Pomella

Recensione Film,

Hansel e Gretel - Cacciatori di Streghe

C’era una volta è l'abbrivio per antonomasia di tutti quei racconti favolistici dietro cui si nasconde una morale semplice ed universale...

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C’era una volta è l'abbrivio per antonomasia di tutti quei racconti favolistici dietro cui si nasconde una morale semplice ed universale. Di queste fiabe, oggi, è rimasto solo lo spettro da quando la macchina cinematografica hollywoodiana ha cominciato a coglierne a piene mani situazioni drammaturgiche. Dopo il recupero e la reinvenzione di grandi classici come Biancaneve, La bella e la bestia, Cappuccetto Rosso e Jack e la pianta di fagioli, a finire nella rete cinematografica è la favola di Hansel e Gretel. Dimenticate però gli ingenui bambini abbandonati nel bosco, che vagano alla ricerca dei propri genitori: il regista Tommy Wirkola, cineasta diventato famoso in Norvegia grazie ad un b-movie su nazi-zombie, inventa un mondo dove i protagonisti sono due bad-ass impegnati nella lotta contro il male.


Dopo essere stati abbandonati dai genitori ed esser riusciti per miracolo a sopravvivere alla malvagità della strega della casetta di marzapane, Hansel (Jeremy Renner) e Gretel (Gemma Arterton) sono cresciuti e sono diventati cacciatori di streghe. In questa veste arrivano nel loro villaggio d’origine, dove alcuni bambini sono stati rapiti dalla malvagia Muriel (Famke Jennsen) per eseguire un rito che dovrebbe liberare le streghe dal giogo dei cacciatori. Ad aiutarli saranno il giovane Ben (Thomas Mann) e l’ambigua Mina (Pihla Viitala).


Attraverso la storia dei due fanciulli abbandonati dai genitori e costretti ad affrontare la malvagità di una strega che usa dolcetti e caramelle per attirare gli innocenti e poi mangiarli, Hansel e Gretel ha sempre cercato di mettere in luce – agli occhi dei più piccoli – la diffidenza nei confronti degli estranei, ma anche un profondo senso di lealtà familiare fraterna e sororale. Wirkola – nonostante si concentri proprio sui due fratelli protagonisti della vicenda – sembra rinunciare a tutto questo, a favore di un roboante e goliardico divertimento. La sua pellicola prende il via laddove la favola si interrompeva: cosa è successo ai due coraggiosi bambini una volta sconfitta la crudele strega della casa di marzapane? Agli occhi del regista norvegese i due sono cresciuti e divenuti una sorta di divinità nella lotta contro il male; i loro volti troneggiano su vecchi articoli di giornali e volantini, giovani adolescenti con sogni di gloria collezionano le loro imprese, sognando di diventare, un giorno, proprio come loro. Perciò, se da una parte Wirkola mantiene l’idea di due fratelli quasi costretti a rimanere uniti, dall’altro decide di condire il racconto con azioni sfrenate e umorismo, che nella sua nota più scanzonata e nell’evidente voglia di non prendersi sul serio, trova la via privilegiata per arrivare al pubblico, nonostante una sceneggiatura che presenta profonde lacune drammaturgiche e un plot che di certo non sorprende per l’originalità, sebbene l’impianto visivo sia di sicuro impatto. Sulla carta Hansel e Gretel si presenta come tutti i film di genere fantasy che lo hanno preceduto: troppo rumoroso, troppo goliardico, caotico e stereotipato, ennesimo esempio di produzione americana ad alto budget volto a sfruttare la moda del momento, senza troppa attenzione alla qualità ultima del prodotto. Eppure, per una strana e incomprensibile fortuna, la pellicola è una sorta di guilty pleasure, un b-movie che diverte e i cui difetti, visibili e portati quasi alla ribalta, finiscono col contribuire ad una ricezione spettatoriale entusiastica.


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