Quando si ha tra le mani una storia vera che sembra fatta apposta per essere trasposta sul grande schermo, non si può fare altro che trasformarla in sceneggiatura. E così Roan Occam Anthony Johnson, regista del poco conosciuto 4-4-2 Il gioco più bello del mondo, scoperta la divertente avventura di tre giovani e scanzonati italiani alle prese con le crisi di stato degli anni ’70, ha dovuto solo scegliere i protagonisti per iniziare le riprese. I primi della lista racconta la storia del Masi, del Gismondi e del Lulli, tre giovani pisani che, sullo sfondo dell’Italia degli anni ’70, si muovono tra musica, organizzazioni segrete e presunte cospirazioni. Pino Masi è un cantante di successo, un talentuoso cantautore che ha scritto le canzoni di lotta più famose del tempo. Renzo Lulli e Fabio Gismondi, invece, sono due giovani liceali che sognano di suonare con lui davanti a centinaia di persone. Mentre i ragazzi fanno un provino, il Masi viene informato dell’arrivo dei militari fascisti, dell’imminente colpo di stato e della repressione delle teste calde di sinistra, ovvero dei giovani artisti e intellettuali che portano ancora nel cuore gli ideali rivoluzionari del ’68. Essendo loro “i primi della lista”, Masi, Lulli e Gismondi fuggono da Pisa e cercano rifugio fuori dall’Italia, prima in Jugoslavia e poi in Austria. Per colpa del loro atteggiamento sospetto e della mancanza di documenti validi, i tre amici finiscono nella rigida prigione austriaca e sono costretti a spiegare i motivi della loro (dis)avventura on the road. Tra le risate dei compatrioti e dei suoi carcerieri, i ragazzi saranno costretti a scoprire che l’Italia non ha subito nessun colpo di stato. O meglio: non ancora… Divertente, irriverente, beffarda: la nuova pellicola di Roan Johnson arriva dritta al cuore, tanto che si fa subito il tifo per i giovani e imprudenti protagonisti, tre ragazzi pieni di sogni e di speranze destinate a scontrarsi con una realtà crudele e spietata. Per il ruolo del Gismondi e del Lulli, il regista ha scelto gli esordienti Francesco Turbanti e Paolo Cioni, due attori fascinosi e credibili, che fanno tenerezza per la propria ingenuità. Il Masi, colonna portante dell’intero film, è la spalla su cui piangono gli altri personaggi nonché il fratello maggiore che avrebbero voluto. E tutto il merito, quindi, va al suo interprete, un irresistibile Claudio Santamaria, capace di addossarsi il peso e le colpe, il merito e il demerito, di tutte le azioni avventate della banda. Proprio lui confonde gli spettatori dall’inizio alla fine, indossando i panni di un personaggio inaffidabile e scapestrato, un uomo che si finge duro per mascherare la propria fragilità, un figlio abbandonato che porta il fardello (e le cicatrici) di un’infanzia rovinata. I primi della lista strizza l’occhio a L’armata Brancaleone ma si ispira, palesemente, a I soliti ignoti di Mario Monicelli, una commedia dalle tinte drammatiche, un dramma dai risvolti comici, una lezione di vita secondo i dettami zavattiniani. Un applauso, dunque, all’acerbo Roan Johnson che spinge i giovani di oggi e quelli di ieri a tenere sotto controllo la situazione politica della penisola italiana.