Thriller a bassissimo costo ispirato allo Squalo di Spielberg. Ma la sceneggiatura, che cerca di esaltare il lato “metafisico” dello squalo (con tanto di santone indiano che guida le azioni dei protagonisti), è risibile, e il ritmo è più che blando. Il film può piacere solo a due determinate tipologie di utenza: gli appassionati del genere, cui si richiede di essere di bocca (davvero) buona. Ma soprattutto agli amanti del trash più puro, che potrebbero trovare simpatici, quando non risibili, alcuni escamotage usati da D'Amato per eludere il problema del basso budget. Le scene più cult sono quelle degli attacchi dello squalo, durante le quali, tramite convulso montaggio, si alternano: immagini di squalo in movimento, palesemente sgraffignate a qualche documentario, il malcapitato di turno che si divincola (il fondale su cui questo si muove, poi, è palesemente diverso da quello in cui si muove lo squalo), una spruzzata di vernice rossa sulla superficie del mare. Ma si potrebbe anche raccontare della fantastica scena finale, dove più di un'inquadratura rivela impunemente le pareti della piscina dove l'azione prende luogo; con difetti simili, sottolineare un cast e dei dialoghi privi di qualunque motivo di esistere (cinematograficamente, per carità) è mero puntiglio.