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Cosa ci è rimasto di Pier Paolo Pasolini

02/11/2020 09:36

Cristiano Salmaso

Editoriale, Ritratto, Film Italia, Pier Paolo Pasolini,

Cosa ci è rimasto di Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini ha fatto più che scrivere un capitolo importante della storia del cinema e della letteratura

Pier Paolo Pasolini ha scritto non solo un capitolo importante nella storia del cinema e della letteratura, ma è stato soprattutto interprete lucidissimo della propria contemporaneità

Il mio primo ricordo di Pier Paolo Pasolini viene dall'adolescenza ed è legato alla raccolta di poesie Trasumanar e organizzar. Fu una proposta scolastica felicemente sconsiderata, che arrivò da una insegnante che aveva negli occhi la luce della follia: ebbe però il merito di far girare quel nome tra i banchi del ginnasio, e anche di farcelo detestare. E poco dopo mi capitò tra le mani Salò o le 120 giornate di Sodoma, che al tempo faceva parte di una collana di film definiti “proibiti” insieme a quelli di Russ Meyer e Tinto Brass (!).

 

È solo un ricordo personale che oggi fa certamente sorridere, ma anche intuire quanto la figura di Pasolini fosse fraintesa e tenuta nascosta. Poi più nulla o quasi per un'avversione, per lo più immotivata, che mi tenne a lungo lontano dalle sue opere. Ma fu anche per ostilità dell'establishment culturale dell'epoca se la sua figura rimase per anni come oscurata; un'ostilità facilmente spiegata dai diversi costumi che allora faticavano a perdonare i suoi troppi “sgarri”.

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Pasolini fu negli anni oggetto di innumerevoli ripescaggi, dalla street art di Pignon-Ernest al mondo musicale, che contribuirono a trasformarlo, anche penalizzandolo, in una sorta di icona giovanile. Da noi fu omaggiato dal cantautorato di De Andrè e De Gregori a quello alternativo di Teatro degli orrori, C.S.I., Blonde Redhead: «La mia vita violenta», perchè Pasolini è stato l'immoralista per eccellenza, colui che ha inscenato la propria vita prima di viverla ed ha “preparato” la propria morte. «Basta produrre capolavori, bisogna essere dei capolavori» ci ricordava Carmelo Bene, ed eccolo il capolavoro Pasolini.

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Restano comunque le sue opere, tra le quali ricordiamo qui Ragazzi di vita, con il quale inventò Roma: non poteva che venire da chi era nato altrove (come Carlo Emilio Gadda o Federico Fellini) uno dei contributi all'eternità della città e all'universalità del suo volto. O ancora Accattone Mamma Roma, due suoi capolavori sui quali è già stato detto tutto, che non sono altro che la trasposizione cinematografica di quel primo romanzo.

E fra le sue tante altre vesti, quella di linguista fu decisiva nell'importanza di queste opere, al di là del loro indiscutibile valore artistico; perchè sul recupero del dialetto nelle pellicole del dopoguerra, Pasolini non fu né il primo né l'unico, ma lo fu per consapevolezza di intenti.

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Tanto che in quel capitolo fondamentale per la storia del cinema italiano (e non solo) che è stato il neorealismo, l'opera di Pasolini merita un discorso a se stante. Sull'eredità del neorealismo alla Pasolini e del romanesco nel nostro cinema di oggi, meglio non dire. Poi rimane il proprio gusto personale e capita che qualche opera risulti indigesta (Uccellacci e uccellini) e qualche testo letterario sembri debole: non fu tutto oro quello che uscì dal capolavoro Pasolini e va detto senza pudori. E non mancò mai qualche voce fuori dal coro che, al di là delle censure statali più o meno tali, dichiarasse il proprio dispetto nei suoi confronti: un nome per tutti quello di Giorgio Manganelli. Non proprio l'ultimo arrivato, insomma.

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«Non fare di me un idolo o brucerò» è un verso dei C.S.I. che sembra cantato in suo nome. Ma al di là del mito Pasolini, resta l'indiscutibile riconoscimento di una delle voci più importanti della nostra cultura. Prevale fra tutte la più alta, quella di poeta, ma la sua resta una delle figure più complesse e poliedriche, oltre che attuali: Pier Paolo Pasolini ha scritto non solo un capitolo importante nella storia del cinema e della letteratura (oltre al teatro e alle traduzioni), ma è stato anche e soprattutto interprete lucidissimo della propria contemporaneità.

 

Un vero faro che ha illuminato il suo tempo, la cui mancanza, in un'epoca culturalmente buia come la nostra, si fa sentire enormemente.

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