Nominata dagli utenti di Rotten Tomatoes come migliore serie tv originale Netflix, analizziamo Dark per capire come mai piace tanto al pubblico
Dark è stata nominata dagli utenti di Rotten Tomatoes come migliore serie tv originale Netflix, sbaragliando la concorrenza di The Crown e Mindhunter. Nel finale ha superato persino Black Mirror, che aveva a sua volta già sconfitto Stranger Things. Ma a cosa si deve il successo di Dark? Analizziamola, per capire come mai piace tanto al pubblico.
La domanda non è dove, ma quando. Questa frase è apparsa sin dai primi trailer che introducevano Dark. La serie, di produzione tedesca, narra la storia della cittadina di Winden, paese disperso tra i boschi dove avvengono strane sparizioni di bambini. In particolar modo di Mikkel Nielsen (Daan Lennard Liebrenz), fratellino di un’amica di quello che possiamo considerare il protagonista della serie: Jonas Kahnwald (Louis Hofmann).
La sera del 4 novembre 2019 Magnus (Moritz Jahn) e Martha (Lisa Vicari), che dovrebbero badare al fratellino Mikkel, lo portano con loro per una bravata, insieme a Bartosz Tiedemann (Paul Lux). Si ritrovano nel luogo in cui Erik Obendorf, un ragazzo di Winden, è scomparso settimane prima: una grotta nel mezzo della foresta. Quando arrivano sul posto le torce iniziano ad andare a intermittenza e uno strano suono pervade l’intorno. Presi dal panico, i ragazzi scappano. Con loro c’è anche Jonas, che all’inizio è insieme a Mikkel, ma poi ne perde le tracce. E il ragazzino svanisce nel nulla. È questo l’inizio di Dark, creata da Baran Bo Odar e Janitje Friese, che già dai primi minuti tiene lo spettatore attaccato allo schermo. La serie, ambientata in una piccola cittadina con una storia intricata che gioca su mistero e viaggi temporali, è subito stata affiancata a Twin Peaks e Stranger Things; ma anche a film come Donnie Darko. Warmhole, viaggi temporali, ambientazione teen e una sorta di atmosfera vintage che riverbera lungo tutto gli episodi. Ma nonostante i vari richiami e rimandi, Dark è un prodotto unico nel suo genere.
La trama è intricata, al punto che a volte bisogna mettere in pausa e in rewind per rivedere cosa è successo per capirlo fino in fondo. Dark si interroga su grandi domande filosofiche e etiche, come il libero arbitrio, il destino e il desiderio di conoscenza. È uno dei pochi show sul viaggio nel tempo con una logica solida e basi radicate nella fisica, nella meccanica quantistica e negli studi scientifici a riguardo.
Vengono portati avanti tutti i casi che costituiscono le problematiche del viaggio del tempo: dai paradossi alle dimensioni parallele, dai warmhole al problema dell’entropia. Di base la serie è basata sul principio di autoconsistenza di Novikov, una soluzione ai paradossi del viaggio del tempo che afferma che il passato e il destino sono immutabili. La volontà di ognuno di noi è soggetta al procedere del tempo e non si può far altro che assecondare gli eventi, secondo ciò che dice il paradosso di predestinazione. La macchina del tempo qui non è né una DeLorean né una Tardis, ma un labirinto di grotte che permette il collegamento alle varie epoche: 1953, 1986, 2019 e 2052, tutte separate da 33 anni di distanza. Ma è stata inventata anche una macchina del tempo “portatile”, una scatola di legno con degli ingranaggi all’interno, che permette a chiunque in suo possesso di poter saltare nel tempo senza dover trovare il passaggio nelle grotte.
Non è facile entrare in empatia con i protagonisti di Dark. Tutti commettono errori e sbagli, chiunque ha uno scheletro nell’armadio; la cittadina, nonostante la facciata, è ricca di cospirazioni e segreti. Ed è proprio questo che tiene lo spettatore attaccato allo schermo: scoprire in ogni puntata un tassello diverso; man mano che la storia scorre e si evolve ci addentriamo sempre più nei segreti e nel marcio nascosto. Le famiglie sono alberi genealogici complessi, intrecciati tra personaggi del passato, del presente, del futuro; tra doppelganger e paradossi. Al punto che sul web si trovano decine di infografiche che spiegano come le varie famiglie siano strutturate e veri e propri siti dedicati alle spiegazioni delle vicende.
Ma proprio quando lo spettatore pensa di aver scoperto e (spera) di avere capito tutta la verità, succede qualcosa che fa ripensare a tutta l'ipotesi mentale. Ed è proprio questo il bello di Dark: con la sua atmosfera e le musiche perfette, sempre in tensione, genera una sensazione di costante sorpresa che permette di indagare insieme ai personaggi e di unire intere comunità di fan per tracciare ipotesi e congetture. Solo Twin Peaks, in passato, era riuscita a fare altrettanto.