Non si può vivere senza amore: è ciò che dice uno dei personaggi di Loveless, il bellissimo film del regista russo Andrey Zvyagintsev. Un’opera che, sin dal titolo, rende esplicita la sua principale tematica; la mancanza di affetti, di sentimenti. La mancanza di amore appunto. Il film è ambientato in una anonima periferia, tra i casermoni di una città russa. Ženja e Boris sono una coppia in crisi che non si è mai amata. Anche il loro figlio dodicenne Alyosha non è stato il frutto di un gesto d’amore, bensì di un incidente e dell’incapacità a trovare il coraggio di scegliere fra il portare avanti la gravidanza e l’aborto. Il rancore li sta conducendo, inesorabilmente, verso la separazione; entrambi hanno un amante, una vita parallela. Lui aspetta anche un figlio da un’altra donna. Alyosha, bambino introverso, solitario, percepisce la mancanza di amore nei suoi confronti e un giorno scompare, improvvisamente, dopo un litigio particolarmente violento dei genitori. Il film, da questo momento in poi si sviluppa seguendo le ricerche del bambino che coinvolgerà, loro malgrado, Ženja e Boris, ormai troppo impegnati a ricercare brandelli di affetto nei loro rapporti extraconiugali. Loveless è un film gelido, nel quale il freddo interiore dei personaggi rispecchia quello dell’inverno russo con la neve, i laghi ghiacciati, gli alberi spogli e grigi che si protendono verso un cielo altrettanto plumbeo. La fotografia di Michail Kričman rende particolarmente bene il senso di gelo che annienta i personaggi; la sceneggiatura, che lo stesso regista ha realizzato insieme a Oleg Negrin, pone l’accento sul rancore e sull’egoismo che permea molti dei personaggi della storia. Mai un gesto umano, mai una parola di speranza traspare dai gesti e dalle parole dei vari personaggi: l’affannosa ricerca d’amore si scontra sempre contro cuori ormai troppo induriti per riuscire a trovare un benché minimo conforto. Solo una scena di pianto, eccetto quella in cui Alyosha ascolta il litigio dei genitori, rompe il gelo dei sentimenti. Ed è all’obitorio. Il gelo interiore, che si accompagna a quello meteorologico, è la metafora dell’inverno di tutta una società che ha rinnegato il proprio passato e che assisterà senza alcuna emozione al dramma della guerra che, di lì a poco, si abbatterà sulla vicina Ucraina e che la televisione russa riprende e trasmette all’interno di pareti domestiche in cui il tentativo di rifarsi una vita si infrange di fronte all’ormai cronica assenza d’amore. Il film di Andrey Zvyagintsev, già autore dello stupendo Il ritorno, che fu vincitore a Venezia nel 2003, ha conquistato il Premio della Giuria al 70° Festival del cinema di Cannes ed è candidato, a pieno merito, a rappresentare la Russia agli Oscar 2018 come miglior film in lingua straniera.