Dopo un’attesa durata circa quindici anni, il mistero è stato finalmente svelato: Avatar, la superproduzione di James Cameron, è una pellicola splendida che non mancherà di alzare polveroni, pur rimanendo fuori discussione l'indispensabile apporto conferito all'affermazione della tecnica stereoscopica. Cancellate qualsiasi ricordo legato al passato: qui siamo su un altro pianeta. Jake Sully (Sam Worthington) è un ex marine costretto sulla sedia a rotelle che viene richiamato, in seguito alla morte del fratello gemello, a combattere su Pandora; un pianeta oltre Alfa Centauri in cui ricche multinazionali hanno finanziato un consistente esercito di marines e scienziati per estrarre un preziosissimo minerale in grado di risolvere la crisi energetica sulla terra. Jake entra subito in "Avatar", programma studiato per ovviare il problema dell’aria tossica che consiste nel collegare la propria coscienza ad un corpo biologico resistente all’atmosfera aliena: un ibrido creato in laboratorio, in cui il DNA umano è mescolato a quello della popolazione indigena del pianeta, i Na’Vi. Con l’ordine di ottenere quante più informazioni sugli indigeni che oppongono resistenza alla presenza degli umani, Jake, attraverso il suo Avatar, va alla scoperta del pericoloso pianeta. In difficoltà, viene salvato da una bellissima nativa, Neytiri (Zoe Saldana), che lo conduce al villaggio e gli insegna a pensare e ad amare come un Na’Vi. Mentre Jake impara a rispettare gli "indigeni" e instaurare un legame con loro, i signori della Terra preparano un offensiva esemplare per piegare il nemico. Foreste incantate, fiori luminosi e un pulviscolo lunare, Avatar è un mondo da cui è difficile separarsi. Come per il protagonista, lo spettatore dimentica la vita precedente per abbandonarsi a nuove possibilità d’esistenza, in cui è ancora possibile “sentire” la natura e rispettarne le creature viventi. Un intero ecosistema creato attraverso la computer grafica e rivoluzionarie tecniche 3D, grazie alle quali è possibile vivere alla pari di Jake una nuova vita (spirituale), tra l'immenso dei boschi e l’invisibile dell’anima; dimenticando, se possibile, la poca originalità della storia. Il conquistatore che distrugge la speranza e l’armonia del popolo da sottomettere; la metafora della missione “di pace” americana posta come maschera atta a nascondere la volontà coloniale; oltre a piccole sbavature nel 3D (negli interni) e topoi prevedibili(sappiamo già che sarà Jake a cavalcare il grande Grifone indomabile). Un film che non si cura dei dettagli trascurabili ma di quelli che servono per lasciare un segno nella storia: lo strappo che il digitale aspettava. Impigliati tra rami e foglie vi sono interi manuali di semiotica: le vecchie conoscenze del cinema, teoria e tecniche; ci sono gli attori, che hanno mirabilmente recitato in un “volume” bianco davanti a una virtual camera, con dei caschi muniti di telecamera interna in grado di registrare persino il movimento degli occhi. C’è il vecchio e il nuovo, il passato e il futuro. C’è un mondo con le sue leggi, con la sua gravità che non smette di suscitare sempre nuovi spunti di riflessione fenomenologica. James Cameron ha progettato la sua trilogia a puntino, pensando al primogenito come al sodalizio tra conoscibile e avveneristico, entrando quindi di diritto nella storia del cinema, come fece con The Abyss, Terminator 2 e Titanic decenni prima per quanto riguarda le tecniche digitali. L'innovazione porta, ancora una volta, il suo nome. Per tutti coloro che si sono persi dietro le possibilità offerte da MMORPG come World of Warcraft (Pandora e i Na’Va sono esattamente il regno e la razza degli Elfi Notturni, persino la divinità Eloah somiglia alla divinità Elune in WoW); per chiunque cerchi un'evasione dalle brutture quotidiane e per chi crede nelle possibilità offerte dalle nuove tecniche stereoscopiche della settima arte - e ne fà un serio oggetto di studio, dotato di propri codici e di proprie tecnologie - Avatar è una pellicola che meraviglierà, non ad una ma a più visioni. Dopo sarà difficile distogliere lo sguardo dallo schermo, togliere gli occhialini e tornare alla luce.