Nonostante la mitologia norrena sia una delle più ricche e interessanti tra quelle esistenti, l'industria del cinema l'ha sfruttata raramente e solo negli ultimi anni abbiamo visto un rinascere dell'interesse verso la cultura nordica, a cui però non sempre sono corrisposte pellicole dello stesso valore degli eroi narrati. Outlander, del regista (e curatore del soggetto) Howard McCain unisce il mito dei vichinghi ad elevate dosi di fantascienza (sulla falsariga di Alien) e diversi richiami all'horror di maniera. Idea interessante sulla carta; il rischio è che la realizzazione dell'opera non sia all'altezza degli intenti. VIII secolo d.C. Norvegia. Una piccola astronave effettua un atterraggio di emergenza, recando con se due astronauti e una malvagia e incontrollabile creatura spaziale, il Moorwen. Solo uno dei due cosmonauti sopravvive all'impatto il suo nome è Kainan, e la sua unica ragione di vita è diventata l'eliminazione del Moorwen da quando la sua razza ha sterminato la colonia spaziale sulla quale Kainan e la sua famiglia vivevano. Catturato da una organizzata e socievole tribù di fieri vichinghi, il giovane ben presto conquista le loro simpatie e organizza, insieme a loro, la battuta di caccia decisiva contro la bestia. Ma non tutto è destinato ad andare come i guerrieri speravano... Outlander è palesemente un prodotto di nicchia, realizzato con pochi mezzi e soprattutto poche, confuse, vecchissime idee, gettate nel calderone del B-movie, con l'aggiunta di qualche elemento appariscente per farle sembrare originali. Fin da subito si nota come il film non sia che l'evoluzione di un progetto acerbo che ha trovato, tardivamente, i fondi per poter essere realizzato. L'idea originale del regista risale addirittura al 1992, periodo per il quale questo genere di film sarebbe stato già vetusto. McCain si affida a Caviezel per l'interpretazione di Kainan, ma la scelta risulta discutibile. Il fisico c'è, il volto pure, ma l'attore di The Passion convince poco nei panni di questo gladiatore interstellare. Pochi i personaggi memorabili del film: Wulfric (Jack Huston) e Rothgar (John Hurt) fanno il loro dovere, ma risultano -come tutta la loro tribù del resto - eccessivamente stereotipati e soprattutto troppo benevoli rispetto allo straniero. Quantomeno Sophia Myles, nei panni della selvaggia Freya, esce dagli stereotipi dell'eroina cinematografica dalla bellezza mozzafiato, e Ron Pearlman ci regala (anche se solo per poco) la divertente figura dell'iracondo Gunnar. Ma sono consolazioni di poco conto, rispetto alla desolazione creativa generale. Il moorwen vanta una realizzazione tecnica generale molto altalenante, come del resto tutti gli effetti visivi. La fotografia è decisamente scadente e regia e montaggio non hanno migliorato l'effetto finale, e anzi, il film risulta pieno di inquadrature bizzarre (mutuate forse dalla marcata e inopportuna vena horror del film) e soprattutto di palesi blooper inspiegabilmente sfuggiti alla produzione. Colpo di grazia, la sceneggiatura: con un soggetto talmente particolare, il rischio di rendersi ridicoli è molto alto, ma McCain è comunque andato imperterrito per la sua strada, confezionando un prodotto dalla trama raffazzonata e pretestuosa all'inverosimile, e che purtroppo non dona allo spettatore nemmeno un brivido di adrenalina, o di empatia verso i protagonisti. Niente Valhalla per Outlander.