Zana (Zamand Taha) ha sette anni, suo fratello Dana (Sarwal Zahil) solo dieci. Vivono avvolti dalla polvere del Kurdistan iracheno, su cui troneggia ancora l'ombra minacciosa di Saddam Hussein. La guerra li ha privati di tutto - compresi i genitori - e per sopravvivere i due bambini non possono far affidamento che su se stessi. Nonostante passino gran parte del loro tempo litigando, Zana e Dana sono legatissimi e pronti ad affrontare qualsiasi sfida insieme. Non ultima quella di lasciare il Kurdistan per raggiungere l'America, dopo che la visione di un film di Superman ha aperto nella loro mente la speranza di un futuro (e di un mondo) migliore. Comincia così per i due un viaggio on the road avventuroso e comico, in cui persino l'amore tenta di fare capolino. Bekas, opera prima del regista curdo Karzan Kader, ha nel titolo la parola che nella lingua nativa sta a indicare la solitudine. Una parola, insomma, che ben si sposa con l'esistenza dei due protagonisti: due bambini senza famiglia e, in parte, senza più neanche una casa. L'uno nell'altro cercano l'ancora che li tenga a terra, che li faccia sentire ancora parte di un disegno più grande. Soprattutto, però, Zana e Dana sono due sognatori, paladini dell'utopia, che cercano nell'illusione dell'America una possibilità per risolvere i loro problemi. Bekas diventa così il viaggio fuori dagli schemi, surreale e dolce al tempo stesso, di due bambini che affrontano una situazione al limite dell'inumano con la fantasia tipica dell'infanzia. Bekas è un esordio non del tutto privo di difetti. Da una parte c'è una componente di deja vu che sembra strizzare l'occhio alla prima parte di The Millionaire; dall'altra una sorta di dilatazione del racconto, non sempre funzionale alla diegesi. Detto questo, però, la regia di Kader è profondamente onesta, sposata a colori ocra che riescono senza sforzo a rimandare l'immagine di una terra quasi desertica, spazzata via. Allo stesso tempo la fotografia smorza elegantemente gli spigoli legati alla realtà, lasciando allo spettatore la sensazione di essersi perso in una favola dolce e soave.