Giancarlo Scarchilli dirige un documentario di teatro e vita che racconta costruzione, dietro le quinte a segreti attoriali nel Riccardo III di Alessandro Gassmann, pièce che l’attore e regista porterà in scena per la stagione 2013-2014 dopo il debutto a Torino lo scorso dicembre. L’opera più lunga dopo Amleto, il protagonista più malvagio, un elenco di personaggi sterminato - molti dei quali portano lo stesso nome - che costringono un attore e la sua compagnia a prestare memoria, concentrazione e presenza scenica unica ad una delle più complicate fra le tragedie di William Shakespeare. Ha dichiarato Alessandro Gassmann – reduce dal suo esordio registico con RazzaBastarda (2013) e da anni ormai diviso tra cinema e teatro – che per mettere in scena la più cattiva delle opere di Shakespeare, serviva un adattamento che fosse cattivo a sua volta. In un documentario di circa un’ora, che porta sul grande schermo il making of della pièce, tra l’adattamento, i costumi e le prove, Scarchilli - scrittore, regista, amico prima di Vittorio e poi di Alessandro Gassmann - narra soprattutto la condizione di un attore su un set difficilissimo, focalizzando l’empatica macchina da presa sul magnetico protagonista/regista e sul suo Riccardo. Dalla genesi dello spettacolo (un adattamento di Vitaliano Trevisan) per arrivare alla Prima, il film si suddivide in capitoli tematici in cui il Riccardo III si svela nel dietro le quinte, ad uso e consumo anche di coloro che hanno già visto lo spettacolo, e sul palco, estrapolando il cuore dello spettacolo. Il risultato è sì un docu-film a tema teatrale - che nasce per lo più dalla selezione di materiali audio e video raccolti durante l’allestimento dello spettacolo - ma soprattutto un ritratto d’artista il cui fulcro è Alessandro Gassmann. Facendo proprie le inquietudini e i fantasmi di Riccardo, l’attore si interfaccia in dialoghi allo specchio e soliloqui che oscillano fra la realtà e il personaggio interpretato, modellando il crudele re di York a sua immagine, trasformandolo in un eroe dall’incarnato pallido e dall’anima ancora più nera che nell’originale shakesperiano, vestendolo di pellicce e di un’armatura logora e assegnandogli finalmente la nota tragica fine. Gli spettri di Riccardo perseguitano l’attore in scena ma anche nel camerino, nel teatro vuoto come per le vie della città, costringendolo a duri confronti con il suo essere regista e anche interprete, di teatro ma anche di un lungometraggio ambizioso in cui, con eclettismo e autorialità, Scarchilli riesce ad apporre la sua firma accanto a quella dell’istrionico Gassmann.