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Il matrimonio che vorrei

12/10/2012 11:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

Il matrimonio che vorrei

Per riaccendere la passione all'interno della coppia, la cinquantenne Kay (Meryl Streep) convince suo marito Arnold (Tommy Lee Jones) a rivolgersi ad un famoso

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Per riaccendere la passione all'interno della coppia, la cinquantenne Kay (Meryl Streep) convince suo marito Arnold (Tommy Lee Jones) a rivolgersi ad un famoso esperto di relazioni sentimentali e sessuologo, il dottor Fields (Steve Carell). I due coniugi decidono così di passare una settimana di terapia matrimoniale nella cittadina di Great Hope Springs, dove il dottor Fields vive ed esercita. Si accorgeranno presto che riportare il sentimento nella coppia e confrontarsi con i metodi singolari dello specialista sarà tutt'altro che semplice.


Trama esile e timidi tentativi poco più che commerciali per una commedia di poche pretese, ma se tra gli interpreti c'è la donna dei record - 17 nomination agli Oscar e 3 vinti, 26 nomination ai Golden Globe e 8 vinti - non può essere un fallimento. È andata così con Julie & Julia, È complicato, sino al musical Mamma mia!, la lista è lunga e arriva a Il matrimonio che vorrei, ultimo film del regista de Il diavolo veste Prada, David Frankel. Per la seconda volta insieme sul set, dopo che il regista aveva diretto l'attrice nei panni della cattivissima Miranda Priestley, alter ego di Anna Wintour.


Dopo È complicato, Maryl Streep è ancora protagonista di una commedia sull'amore nella terza età. Tra noia, routine e familiarità, la storia del film di Frankel racconta il tentativo ultimo di una coppia di riaccendere la passione. Come capitava nella vecchia Hollywood con certi grandi interpreti come Cary Grant, Walter Mattau o Katherine Hepburn, ci sono commedie che si basano unicamente sul talento dei propri attori. Frankel lo sa e compensa l'esile trama con un eccezionale trio comico composto dalla Streep, Tommy Lee Jones e Steve Carell, quest'ultimo irrinunciabile certezza della commedia americana dopo i successi di Una settimana da dio, 40 anni vergine e Notte folle a Manhattan. E se su quest'ultimo non vi erano dubbi in merito alla capacità di regalare interpretazioni esilaranti, lascia sempre sbalorditi vedere la protagonista de La mia Africa e La casa degli spiriti passare agilmente dal ruolo della feroce Miranda a quello della bonaria Kay, pimpante signora di mezza età. Due conferme a cui si aggiunge l'imperdibile interpretazione di Tommy Lee Jones, uno dei volti più cattivi di Hollywood, qui nei panni dell'ingessato marito Arnold, un volto perennemente interrogativo e un aplomb molto british. Una commedia basata sull'eccesso, tradizionale per equilibrio e ritmo, che costruisce il suo successo su dialoghi e situazioni paradossali di un cast in pieno stato di grazia.


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