Fin troppo ovvio e scontato, irriverente e senza veli: Valèrie - Diario di una ninfomane si perde dietro una narrazione fatta di troppi fronzoli, meccanica e, soprattutto, morbosamente prevedibile. La bella Valèrie è una donna in carriera molto affascinante, sicura di sé e del suo corpo, primo ed unico lasciapassare che utilizza per avere esperienza e conoscenza del mondo che la circonda. La frenetica vita sessuale che porta avanti, però, sembra deluderla, lasciandola inspiegabilmente affamata. Niente riesce a “saziare il suo appetito”, così, la longilinea protagonista si troverà a viaggiare da un incontro all’altro, occasionale, passionale o amoroso che sia, tra uomini d’affari, pseudo-fidanzati, clienti e sconosciuti, perennemente in tensione tra l’emozione che ricerca e la fisicità che pretende ossessivamente. La vita, però, non sorride alla giovane Valèrie, costretta ad affrontare lutti, delusioni e giudizi, a fare scelte estreme – come la prostituzione – fino a quando non troverà la forza per accettarsi veramente. Tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di Valèrie Tasso, Diario di una ninfomane ci viene presentato come un’opera progressista, senza peli sulla lingua, di denuncia nei confronti di una società patriarcale ancora intenta a giudicare le donne per la loro vita sessuale, e restia nel mostrare la vera natura femminile. Ammesso che tutti i presupposti sopra citati siano nobili e assolutamente attuali, il nuovo film di Cristian Molina non riesce minimamente ad approfondirne nessuno, confondendo la ninfomania con un post-femminismo da quattro soldi e ubriacandoci con dei dialoghi attinti da un frasario trito e ritrito. La sceneggiatura mortalmente soporifera non aiuta lo spettatore durante gli interminabili 93 minuti di durata del film, sollevati solo dalle esplicite scene di sesso che scandiscono la monotonia della messa in scena. L’unica nota positiva difatti, si deve agli espliciti contenuti sessuali di alcune sequenze, che danno al film un taglio marginalmente erotico, distanziandolo da esperimenti cinematografici come Melissa P., e a contenuti hard ma visibilmente casti e privi di scene compromettenti. La vena “sen-ssuale” di Diario di una ninfomane però non convince pienamente, azzerando qualsiasi pulsione libidica con una trama dalla prevedibilità nauseante e tremendamente pesante, falsando i rari momenti di godibile sano erotismo che condiscono lo sciapissimo script e facendo crollare la “pazienza” di chiunque anche di fronte alla bellezza statuaria della protagonista Belèn Fabra in lingèrie.