Il film più celebre dei fratelli Pang, veri e propri esperti del genere orrorifico (anche se buona parte della loro produzione è inedita dalle nostre parti), è anche stato uno dei primi horror orientali ad avere un discreto successo del pubblico più o meno in tutto il mondo; merito della moda del thriller-horror metafisico, che i fratelli hanno cavalcato senza remore – anche se il vero e proprio precursore è Ringu, uscito pochi anni prima – confezionando un prodotto dal chiaro appeal internazionale. Gli ingredienti che compongono The Eye, infatti, sono tutto sommato semplici: una protagonista giovane, brava e pure bella (Lee Sin-Je), quel pizzico di “oriente” ritrovabile soprattutto nella trama, in qualche accenno di folklore (le candele alle porte), nel presentare un mondo delle anime dei defunti che coincide (in parte) con quello dei vivi; un respiro più internazionale infine, sia nella confezione che nella gestione dei tempi. Cosa ne risulta? Un film da esportazione, la cui composizione giustifica senza problemi il successo ottenuto in tutto il mondo: pur senza arrischiarsi a dire qualcosa di veramente nuovo (durante la visione vengono in mente molti film, The Sixth Sense, The Others, e The Mothman Prophecies per il finale pressoché ricopiato), i due registi sono riusciti a mettere in piedi un lavoro che convince e spaventa per davvero, soprattutto nella prima parte e soprattutto nella versione originale, visto che il pessimo doppiaggio italiano toglie credibilità a dei dialoghi già non irresistibili.