Netflix propone sulla sua piattaforma il cortometraggio The Present della filmmaker di origini palestinesi Farah Nabulsi
In questi tempi tristi in cui sono tornate a cadere le bombe sulla Striscia di Gaza, è interessante vedere che Netflix propone sulla sua piattaforma il cortometraggio The Present della filmmaker di origini palestinesi Farah Nabulsi, prodotto dall’indipendente Philistine Films.
Ambientato in Cisgiordania, nella città di Betania, The Present narra, in 24 minuti, le difficoltà che incontra Yusef - interpretato da Saleh Bakri, uno fra gli attori palestinesi più conosciuti al mondo – il giorno in cui decide di regalare un nuovo frigorifero alla moglie Noor (Mariam Basha), in sostituzione di quello vecchio e ormai quasi inutilizzabile.
Per poter raggiungere il negozio, Yusef e la figlioletta Yasmine (la piccola Maryam Kanj) devono passare un check-point, così come fanno molti loro concittadini: quotidianamente devono sottostare all’umiliazione dei controlli, spesso pesanti e arbitrari, da parte dei militari dell’esercito sionista. Ma anche una volta passati i cancelli non sarà facile, per l’uomo e la figlia, riuscire a fare ritorno alla propria casa.
The Present è un bel cortometraggio che si colloca nell’ormai consolidata cinematografia di registi palestinesi. Come molti suoi colleghi, anche Farah Nabulsi ha come tema principale la difficoltà del vivere quotidiano in una terra occupata.
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Lo fa con uno stile classico venato di malinconia, complice la colonna sonora di Adam Benobaid, descrivendo un normale momento della vita dei propri connazionali costellata di angherie, soprusi, violenza gratuita. E immedesimandosi – e con lei noi spettatori – in Yusef, umiliato e offeso dai militari di fronte agli occhi della propria bambina
Nello sguardo dell’uomo - ben interpretato da Saleh Bakri, che riesce a comunicare rabbia e stanchezza con gli occhi e con il corpo - scorgiamo tutta la collera repressa di un popolo che da più di settant’anni deve sottostare a un’occupazione ingiusta e feroce. Non stupisce, quindi, lo scatto d’ira di Yusef di fronte ai militari che gli spianano contro i fucili.
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È, piuttosto, la reazione di Yasmine, nei cui occhi avevamo scorto la tristezza di chi, bambino, soffre nel vedere la propria infanzia e il proprio padre umiliati, a renderci speranzosi e a comprendere come, nel popolo palestinese, ci sia ancora la voglia di non darsi per vinti contimuando a lottare per conquistare, finalmente, il proprio diritto di stare al mondo.