Arriva a metà giugno nella sale italiane The Hunter, del regista iraniano (ma residente a Parigi) Rafi Pitts, dopo essere stato presentato a Berlino e a Torino. A quattro anni di distanza da It’s winter, Pitts racconta racconta la vicenda di Alì, da poco uscito dal carcere e voglioso di crearsi una nuova vita a Teheran assieme alla moglie e alla figlia. I suoi precedenti criminali gli impediscono però di avere un lavoro diurno, costringendolo a lavorare di notte, e non permettendogli di concedere il giusto spazio alla famiglia. L’unico suo svago è la caccia che pratica nei weekend. La sua vita cambia all’improvviso quando la moglie viene uccisa in uno scontro tra manifestanti e polizia, e la figlia scompare. Alì si ritrova coinvolto in una serie di kafkiane attese tra la centrale di polizia e gli ospedali, nel completo disinteresse generale, per avere notizie della figlia. Quando la scopre morta decide di vendicarsi uccidendo due poliziotti, dandosi poi alla fuga nella foresta, inseguito e braccato dalla polizia. Pitts dirige un film asciutto, secco, dominato da contrapposizioni continue che ben descrivono la situazione iraniana dopo le ultime elezioni: un binomio continuo e indissolubile tra la Teheran del cemento e dell’industria nella quale si svolge la vita di Alì (lo stesso Pitts) e la sterminata foresta dove ama cacciare il protagonista; la chiassosa allegria della vita familiare e il riflessivo silenzio della solitudine del cacciatore; i due volti di un paese in perenne conflitto dipinti nei comportamenti dei due poliziotti che lo braccano nella foresta, dove il cacciatore diventa preda in base a un destino sfuggente che è quello dell’intera umanità. A conferma della doppia anima del film c’è anche il brusco cambio di rotta che nasce al momento della decisione di Alì di farsi giustizia da solo: dai toni drammatici la pellicola vira su tematiche che ammiccano al thriller, con un ritmo sostenuto e azione serrata. La Teheran di Pitts è immobile, fredda nella parte più moderna, sommersa dal cemento, addirittura glaciale nella foresta d’inverno, prima di qualsiasi parvenza di vita (infatti non si vedono mai nemmeno gli animali a cui Alì dà la caccia). Finale gelido e brutale, secco e spiazzante; un film da tenere in assoluta considerazione.