Maria Enders (Juliette Binoche) è un'attrice di grande talento diventata famosa per il ruolo di una giovane seduttrice nella rappresentazione teatrale Il serpente di Maloja. Quando un'attrice adolescente e in ascesa interpreterà il ruolo che l'ha resa celebre e a Maria sarà chiesto di recitare la controparte più anziana e sedotta, le sue certezze iniziano a crollare. In Clouds of Sils Maria, presentato in concorso al 67° Festival di Cannes, Olivier Assayas compie un'impresa che pochi autori contemporanei riescono ancora a fare: raccontare l'umanità con la leggerezza della complessità e con la complessità dell'essere leggeri. Il film narra semplicemente - e lo fa in modo straordinario - dello scorrere del tempo, dell'eterno ritorno e della vita. Un'opera densissima ma leggiadra come le nuvole delle Montagne Engadine (dove la storia è in parte ambientata), come le nuvole che formano il fenomeno atmosferico del serpente del Maloja nella località svizzera di Sils Maria. Assayas passa dal privato all'universale senza i vincoli del cinema d'autore più pedante, quasi volando con la propria macchina da presa e componendo un'opera che pare non avere peso. Clouds of Sils Maria è cinema cristallino ed essenziale. Il regista francese realizza un film di assenze e dissolvenze: i personaggi vivono come fantasmi e la scomparsa - fuori campo - riserva prodigiosi lampi di vita. Nella parabola di Maria Enders, interpretata splendidamente da Juliette Binoche, c'è la difficoltà di accettare la propria età, di comprendere le debolezze del tempo che inesorabilmente è in grado di trasformare ciascuno da carnefice a vittima, nella realtà così come sul palcoscenico. Mentre l'assistente Valentine (un'ottima Kristen Stewart) - per lucidità ed età anagrafica - ne ha la percezione, Maria non si capacita del cambiamento estetico dell'immaginario contemporaneo, che sia cinematografico, virtuale o che inglobi la vita nella sua interezza. Ogni esistenza scorre veloce, così come muta la sua percezione e il tempo, inesorabilmente, trasforma le cose più rapidamente di quanto si possa desiderare. Clouds of Sils Maria è un film su quello che siamo stati e su ciò che siamo diventati. Un’opera magnifica e necessaria che obbliga a fare i conti con una nuova idea di vita, forse meno energica ma più matura, con tutto il peso e l'esperienza che gli anni portano con sé. Il percorso di Maria Enders è la fuga da un'identità che non le appartiene più - come attrice e come persona - e la ricerca della forza di andare avanti. Nella sua perfezione formale e tematica, Clouds of Sils Maria è cinema che fluisce nello spettatore con la stessa intensità della vita. Prende al cuore e arricchisce, narrando dell'accettazione del tempo individuale, un’esperienza che permette di vedere con occhi diversi il proprio vissuto. La più dolce condanna che possa capitare. Così Olivier Assayas chiude il suo film con un controcampo negato, spingendo lo spettatore a immaginare oltre e avanti, come si fa con la vita stessa.