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Lulu

19/10/2014 11:00

Valentina Pettinato

Recensione Film,

Lulu

Sentimenti come carne da macello...

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Sentimenti come carne da macello. Sbriciolati, tritati tutti insieme indistintamente. Questa è la visione dell'amore del giovanissimo regista Louis Ortega che, dopo aver stupito la critica con il suo primo lavoro, si presenta al Festival di Roma (nella sezione Cinema d'oggi) con Lulu, un film che ha come protagonisti due giovani reietti nel loro infantile tentativo di costruzione di un amore.


Ludmilla, una giovane in fuga dalla famiglia, scappa di casa per non essere più costretta a vedere suo padre, malato di alzheimer. Si rifugia così nella storia d'amore con l'irritante Lucas, con il quale va a vivere in una baracca in periferia. Il loro è un amore randagio: Ludmilla vorrebbe avere dei bambini, ma non sa badare a se stessa e soffre per la poca stabilità affettiva che riceve dal fidanzato. Dal canto suo, Lucas è un teppistello incosciente che, tra un furtarello e una molestia sessuale, continua a professarsi innamorato di Ludmilla. Come pegno d'amore le ha persino conficcato una pallottola vagante nell'addome, sbagliando a puntare la pistola. Negli sprazzi di lucida maturità, il ragazzo lavora su un camion aiutando un vecchio a trasportare carcasse di animali da macellare: il suo piano è di metter su famiglia con Ludmilla e fare con lei ben cento bambini.


Il regista ha raccontato di aver progettato il film attorno a un'idea: una sedia a rotelle e un camion con resti di carne bovina. In effetti per tutto il film queste due immagini schizofreniche si ripropongono in maniera estenuante e infastidiscono. Nonostante i punti di debolezza, il film - che si presenta già molto male - è un lavoro interessante. A partire dal titolo, acronimo dei nomi dei due protagonisti Ludmilla e Lucas, odiosi allo spettatore sin dalla prima scena: lei utilizza, senza averne bisogno, una sedia a rotelle; lui - se possibile ancora più irritante - balla in momenti assolutamente fuori luogo, fa il bullo, è sciatto, molesto e nemmeno bello. Quello che compie il film di Ortega, con queste premesse, è una specie di miracolo. Due solitudini, unite dalla loro infinita e inconsapevole tristezza e da una crasi stridula in cui tutto è cigolio, fastidio, rumore. Nel raccontare l'amore immaginato - in un gioco da ragazzini dove tutto è troppo serio, sebbene loro non abbiano minimamente lo spessore adatto a sostenere il logorio della vita - il regista, complice la sua giovane età, fa centro. Non c'è caratterizzazione profonda dei personaggi, sono solo carne. I protagonisti non hanno un futuro, non hanno ideali o progetti concreti. Si amano nonostante le pallottole, nonostante lo sporco, l'accattonaggio, l'assenza di prospettive. Si amano in un modo tutto loro: un gioco stupido, per Lucas, qualcosa in più per Ludmilla, che tenta (senza troppo successo) di mostrare al giovane compagno qualche minima parvenza di crescita e di cambiamento. Una storia di disagio e di libertà compulsiva, che ha protagonisti due bambini autolesionisti. Lulu non è un film per tutti, non è un film bello ma riesce proprio nei suoi tratti trash più estremi. Più di una storia d'amore, una favola splatter.


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