Alla notizia che Becky-Faccia di maiale (Rebel Wilson), bruttina ex compagna del liceo, sta per sposare un ricco newyorkese, la reginetta di bellezza Regan (Kirsten Dunst) riunisce le amiche dei tempi della scuola, Katie (Isla Fisher), bella e svampita, e Gena (Lizzy Caplan), disinibita e sexy, per organizzare l'addio al nubilato della futura sposa. La festa si rivelerà però più movimentata del previsto e le tre amiche dovranno rimediare ai danni fatti, per non rovinare il matrimonio di Becky. Potrebbe essere rinominato Mean Girls: "Dieci anni dopo". Guardando all'esordio di Leslye Headland alla regia cinematografica dopo un passato in teatro, il primo film a tornare alla memoria è proprio la teen comedy del 2004 di Mark Waters. Ci sono tre amiche belle e una quarta che è il loro zimbello. Nel film della Headland la quarta amica è Becky, detta Faccia di maiale, più bruttina e sfortunata delle altre, in procinto però di convolare a nozze prima di tutte. A Regan, la bionda Kirsten Dunst non sta bene e le tre amiche, invitate al party di nozze, sfodereranno tutta la cattiveria di cui sono capaci per rovinare il matrimonio dell'”amica” con un addio al nubilato estremo. Per fortuna però la solidarietà femminile e i buoni sentimenti finiranno per trionfare. Una commedia per donne, girata e sceneggiata da una donna, con un cast per lo più al femminile ed un risultato che non potrebbe essere più maschilista. Che fosse nell’intenzione della regista o meno, The Wedding Party è una pellicola sulla perfidia femminile, simile a certe trame da teen-movie – ascesa e declino di una reginetta di bellezza seguita a ruota dalle sue socie, belle ma dalla scarsa attività neuronale - ma con protagoniste trentenni in stile Sex & The City. Da questa commistione di elementi proviene una trama quasi fumettistica, con personaggi caricaturali tratti dal cinema americano più di consumo. Di contorno all’arrogante miss ci sono l’amica disinibita e quella svampita, quella bruttina ma di buoni sentimenti, e pochi irrilevanti personaggi maschili. Se davvero le intenzioni della regista erano quelle di mettere in scena una satira di alcune delle peggiori caratteristiche dell’universo femminile, il risultato emerso è poco più che grottesco e a tratti pienamente volgare. Dalla stessa casa di distribuzione di Magic Mike, passa nelle sale un film che rappresenta la controparte femminile degli addii al nubilato o just for girls party. Ed è incredibile come quella storia di spogliarellisti non arrivi mai nemmeno a sfiorare i livelli di bassezza e discutibile comicità di The Wedding Party. Monologhi interi incentrati sul sesso, poco comici e molto espliciti, e una raffigurazione dell’universo femminile snaturata e persino irreale (vizi, droga, linguaggio scurrile, inverosimile approccio al sesso) si aggiungono ad una sceneggiatura prevedibile con interpreti valide - assi rimasti impigliati nella manica di una pellicola mal riuscita. A questo si aggiunge, il peggiore di tutti gli aspetti, una morale molto più maschilista e stereotipata di quanto le apparenze diano a vedere: ogni donna carina, spigliata, disinibita nella vita vuole una cosa sola, il matrimonio. E alla fine dei conti l’essere una moglie è l’unico motivo valido per essere invidiose o cattive. Una visione, quella della Headland, che se non è contestabile nei suoi modi di rappresentazione al limite del buon gusto, lo è di certo nella sua significazione.