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American Guinea Pig - The Song of Solomon (2017): la recensione dell'ultimo, sovrannaturale, film della saga

09/03/2021 14:00

Marco Filipazzi

Recensione Film, Cinema Estremo, Film Horror, Film Estremo, Film USA, American Guinea Pig, Stephen Biro ,

American Guinea Pig - The Song of Solomon (2017): la recensione dell'ultimo, sovrannaturale, film della saga

Dopo il realismo snuff di Bouquet of guts and gore, la violenza di Bloodshock e l’autolesionismo di Sacrifice, ecco il capitolo finale

Dopo il realismo snuff di Bouquet of guts and gore, la violenza ostentatissima di Bloodshock e l’autolesionismo estremo di Sacrifice, giunti capitolo finale della saga, il registro viene totalmente sconvolto. Stephen Biro torna in cabina di regia, alza le ambizioni, spinge l’acceleratore sul soprannaturale e realizza The Song of Solomon... in parte fallendo nel proprio intento. Ma andiamo con ordine.

Dopo il successo di Bloodshock, Biro vuole alzare ancora più il tiro. Lo fa scrivendo una storia che è facilmente riassumibile nella parola “Esorcista”. Prendendo a modello il film di Friedkin e in generale tutto il filone cnematografico delle possessioni, ne elabora una propria versione puntando su violenza e depravazione (e cosa sennò, dato che stiamo comunque parlando di Guinea Pig?). Negli intenti dovrebbe esserci anche una critica alla Chiesa, alla corruzione e, ancora più in generale, una riflessione sul Male e su quanto esso sia seducente per l’uomo.

 

«L’ispirazione sono state le mie esperienze sotto LSD: cercando di trovare il Signore, ho conosciuto persone possedute e affrontato demoni mascherati da angeli. Lo so... potrei sembrare perfettamente pazzo, ma è la realtà», così racconta Stephen Biro in un'intervista

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La Canzone di Salomone del titolo altro non è che il Cantico dei Cantici, contenuto sia nella Bibbia ebraica sia in quella cristiana. In esso non viene mai nominato il nome di Dio: si tratta di un dialogo tra due innamorati, pregno di metafore ardite e immagini erotiche, interpretato dai fedeli come l’amore del Signore per il suo popolo o quello di Cristo verso la Chiesa.

Insomma, c’è della cultura e dell’ambizione dietro il progetto di Biro. Ma mancano i soldi. Per The Song of Solomon viene lanciata una campagna crowdfunding che riesce a raccogliere il budget richiesto e oltre. Nonostante ciò, ugualmente, molte cose non funzionano. Se Jennifer Cameron risulta una scelta azzeccata per interpretare la ragazza posseduta, lo stesso non si può dire del resto del cast.

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Per la prima volta siamo davanti a un film concepito come tale: strutturato con dialoghi, scene e svariati personaggi che interagiscono tra loro. Peccato che, in più di un’occasione, la sceneggiatura inciampi tra imbarazzo e mancanza di logica.

A tutto questo si aggiunga il fatto che alcune cose, così come vengono portate sullo schermo (e qui si tratta di regia) risultano a dir poco ridicole: un prete che prende il demone a colpi di Bibbia in testa; le reliquie sfoderate come gadget di James Bond; i vari preti che si presentano al demone come fossero personaggi di un videogioco.

Anche dal punto di vista tecnico le cose non vanno meglio. La povertà dei mezzi è evidente e traspare ovunque: dalla fotografia che sembra quella di uno sceneggiato di Canale 5 al montaggio di certe scene, che si fa ripetitivo, sino al sound design (curatissimo nei primi due capitoli) che si rifugia in trovate e atmosfere a dir poco trite. Insomma, viene da chiedersi cosa sia andato storto.

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La sola cosa che resta di ottimo livello sono ovviamente gli effetti speciali. Curatissimi, dettagliati, realistici all’inverosimile (tranne il neonato... il neonato è imbarazzante da quanto sembri un Cicciobello) al punto da dar l’impressione che i soldi raccolti su internet siano serviti a finanziare solo e unicamente questo reparto.

 

Tutto è opera di Marcus Koch, regista ed effettista di Bloodshock, insieme a Jerami Cruise della Toetag Pictures (la casa di produzione fondata da Fred Vogel per il suo August Underground). Cruise ha iniziato proprio con August Underground’s Mordum, ha proseguito con Penance, un paio di Sharknado e poi è finito in serie A, collaborando a blockbuster come Logan, Deadpool 2 e persino il film più redditizzio di sempre, Avengers – Endgame.

La saga americana di Guinea Pig, purtroppo, si chiude nel peggiore dei modi. The Song of Salomon è talmente deludente che, su molti mercati, è stato distribuito senza il marchio American Guinea Pig e che anche il suo creatore Stephen Biro ha deciso di estrometterlo dalla saga. Dopo averlo visto, onestamente, non gli si può certo dare torto.


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Genere: estremo, horror

Paese, Anno: USA, 2017

Regia: Stephen Biro

Sceneggiatura: Stephen Biro

Interpreti: Jessica Cameron, Jim Van Bebber, Gene Palubicki 

Produzione: Unearthed Films

Durata: 116'

 

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