Sacrifice è di sicuro l'American Guinea Pig con la storia produttiva più interessante ed è anche quello di cui andare più orgogliosi dato che è un prodotto 100% italiano! Si, avete letto giusto: uno dei capitoli di American Guinea Pig è made in Italy.
L’idea del film nasce da Domiziano Cristopharo, anche produttore, che inizialmente avrebbe dovuto dirigerlo, ma era troppo impegnato a imbastire la sua “Trilogia della Morte” di cui Sacrifice è il primo capitolo, seguito da Torment di Adam Ford ed Xpiation dello stesso Cristopharo.
Sacrifice (il cui titolo di lavorazione era Like a guinea pig sacrifice) nasce come film indipendente concepito proprio come risposta italiana alle due saghe di Guinea Pig e solo in un secondo momento attira l’attenzione di Biro.
Al suo debutto al Sadique-master Festival in Francia il film desta tanto scalpore (gente che abbandonava la sala in preda a malesseri vari) che Biro se ne interessa, contatta Cristopharo e gli propone di inserire Sacrifice nel catalogo della sua Unearthed Films, encomiandolo del titolo di American Guinea Pig. E noi non possiamo far altro che esserne orgogliosi, soprattutto perché, al confronto con gli altri capitoli, Sacrifice non sfigura affatto, anzi.
Il risultato è ancor più sorprendente se si considera che a dirigere vi è l’esordiente Poison Rogue, amica e collaboratrice di Cristopharo, apparsa come attrice in House of Flesh Mannequins e nella raccolta Phantasmagoria.
La storia, come per tutti i Guinea Pig, è molto semplice. C’è un ragazzo, Daniel (interpretato da Roberto Scorza) segnato da profondi traumi e tendenze autolesioniste.
Dopo la morte del padre torna nella casa in cui è cresciuto, si chiude in bagno e inizia un rituale sacrificale, quello che da il titolo al film. Seguendo le istruzioni riportate su un grimorio, inizia un percorso di dolore e piacere che lo porterà a sacrificarsi per l’antica dea Ishtar.
È curioso notare come ci sia una sorta di fil rouge che collega questo terzo capitolo della saga americana al medesimo della saga nipponica, He never dies. Entrambi, infatti, poggiano sul concetto di autolesionismo, ma lo sviscerano in maniera completamente differente, sia nel tono sia nella messa in scena. Mentre il Guinea Pig giapponese virava su un registro grottesco e slapstick, il film italiano (che sarebbe più giusto chiamare mediometraggio, dato che dura circa un’ora) è intriso di serietà e mira a rappresentare in modo autentico il dolore e la sofferenza fisica.
La regia è asciutta, lo splatter mai eccessivo o compiaciuto. Inutile dire che gli effetti speciali sono di altissimo livello e le sequenze shock ben congegnate, il che non lascia dubbi sul motivo per cui Stephen Biro abbia deciso d’inserire Sacrifice nella sua galleria degli orrori.
Inoltre vengono introdotti per la prima volta elementi soprannaturali (cosa che esploderà definitivaemnte in The song of Solomon) che sanciscono una cesura netta con il realismo ostentato dei precedenti capitoli. Peccato che ci siano due sequenze (parliamo di una manciata di secondi, quelli in cui compare uno smartphone) in cui il film scivola nel ridicolo più becero, rischiando di affossare tutto l’ottimo lavoro fatto.
Per chiudere una nota di folklore. Ishtar è una dea babilonese realmente venerata nell’antichità, il cui culto si diffuse fino all’Egitto. Essa era duplice e aveva sia l’aspetto di dea benefica (protettrice di amore, fertilità ed erotismo) sia un lato oscuro (portatrice di guerra, tempeste e carestie). A lei è associato il simbolo della stella a otto punte, che nel corso del film si può vedere disegnata sul grimorio di Daniel e durante i titoli di coda. È la cura di dettagli come questi a rendere un film ancora più valido, al di là dei contenuti portati sullo schermo.
Genere: estremo, horror
Paese, Anno: USA, 2017
Regia: Poison Rouge
Sceneggiatura: Domiziano Cristopharo, Samuel Marolla
Interpreti: Roberto Scorza, Flora Giannattasio
Produzione: Enchanted Architect, Unearthed Films
Durata: 60'