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Ogni cosa è illuminata

22/09/2018 10:00

Federica Procacci

Recensione Film,

Ogni cosa è illuminata

La prima prova dietro alla macchina da presa di Liev Schreiber è un film lieve e poetico

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Il senso ultimo del film diretto da Liev Schreiber (attore, noto per Motel Woodstock e Il caso Spotlight ) sta tutto nel suo titolo: Ogni cosa è illuminata. A pronunciare questa frase è Alex Perchov, lo scrittore narratore del film: la trama segue infatti una scansione in capitoli, che corrispondono a quelli del libro che Alex scrive nel corso del film, come nel romanzo Everything is illuminated dello scrittore americano Jonathan Safran Foer. E il protagonista della pellicola si chiama proprio Jonathan Safran Foer, soprannominato da Alex “The Collector”: il ragazzo è infatti un collezionista compulsivo di cimeli di famiglia, che cataloga e archivia gli oggetti più disparati (arriverà anche a conservare la dentiera di sua nonna), nel terrore di dimenticare i particolari della propria vita.


Spinto dal desiderio di scoprire di più sulla misteriosa vita del suo defunto nonno (chiamato anche lui Safran Foer), partirà per l’Ucraina armato solo di una fotografia che ritrae l’antenato con una giovane e misteriosa ragazza. Jonathan sarà aiutato in questa ricerca da una surreale agenzia di Odessa che aiuta i ricchi ebrei americani a ritrovare i propri parenti morti. Un’agenzia a conduzione familiare, gestita da un giovane ucraino cresciuto nel mito dell’America di Michael Jackson, e da suo nonno, che dopo la morte della moglie si è convinto di essere diventato cieco.


Attraverso la campagna ucraina, alla ricerca di Trachimbrod, un villaggio che sembra essere svanito nel nulla, Jonathan, Alex e il nonno sono gli inconsapevoli protagonisti di scene surreali e divertenti, alla cui base c’è sempre lo scontro/incontro tra la cultura americana di cui Jonathan si fa portatore e quella ucraina di Alex e suo nonno. Tutto è reso ancor più comico dallo strambo inglese parlato da Alex, che si affanna a fare da interprete al giovane americano: il film basa gran parte della sua comicità su questo, quindi decisamente consigliata la visione in lingua originale. Sulle note della trascinante musica di Paul Cantelon, il film si fa sempre più malinconico sino all’inevitabile svolta drammatica del finale, nel quale i nostri protagonisti si scontrano ineluttabilmente con la Storia.


La prima prova dietro alla macchina da presa di Liev Scrheiber è un film lieve e poetico: opera del 2005, poco nota in Italia, Ogni cosa è illuminata merita l’attenzione del pubblico. Consigliato soprattutto agli educatori per introdurre con delicatezza i bambini al tema della Shoah.


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