La storia di Dracula scritta da Bram Stoker, la conosciamo tutti, a grandi linee, pur senza necessariamente aver mai letto il romanzo: il personaggio si è radicato in profondità nella cultura popolare. La prima edizione venne pubblicata nel 1897 e, sebbene a inizio del secolo scorso il cinema fosse ancora agli albori, se ne impadronì subito; la prima trasposizione per il grande schermo fu Drakula halála, film ungherese del 1921, seguito l’anno successivo dal Nosferatu il vampiro di Friedrich Wilhelm Murnau.

Perchè Nosferatu e non Dracula
La pellicola citata sopra venne messa in cantiere senza che la casa di produzione possedesse effettivamente i diritti di sfruttamento dell’opera di Stoker. Venne quindi ingaggiato uno sceneggiatore, Henrik Galeen (già autore degli horror Lo studente di Praga e Il Golem) che si limitò a cambiare un paio di elementi e i nomi dei personaggi, cosa che però non fu sufficiente per evitare una causa legale da parte della vedova Stoker. La casa di produzione perse e fu costretta a dichiarare fallimento (Nosferatu fu il loro primo e unico film prodotto) e tutte le copie della pellicola vennero distrutte… o meglio, quasi tutte, dato che il film di Murnau è giunto sino ai giorni nostri.

E mentre il mito di Dracula è cresciuto esponenzialmente al cinema, al punto che il Conte è diventato uno dei personaggi letterari più trasposti e declinati della storia (si contano più di 200 adattamenti secondo IMDB che in 130 anni dalla pubblicazione del romanzo significano una media di 1,5 all’anno!), quello di Nosferatu non è mai del tutto scomparso. Si è ritagliato una nicchia tutta sua, aggiudicandosi un remake nel 1979 per la regia di Werner Herzog (Nosferatu, il principe della notte) e L’ombra del vampiro, che racconta la storia - e le leggende - dietro la produzione del film del ’22. Fino a oggi, con questo secondo remake che porta la firma di Robert Eggers.
Perché fare un remake di Nosferatu anziché il milionesimo film su Dracula?
E perché ostinarsi a chiamare il Conte Orlok, trasporre l’azione dall’Inghilterra alla Germania e rinunciare ad avere il professor Van Helsing come antagonista? La risposta è semplice e più banale che mai per i tempi in cui viviamo: perché la vera svolta che diede Galeen quando scrisse la sceneggiatura di Nosferatu ormai più di un secolo fa non risiede in questi piccoli accorgimenti, ma nella risoluzione della storia.

Nel romanzo di Stoker (e nella stragrande maggioranza dei suoi adattamenti) Mina viene salvata sul finale da suo marito Jonathan e dal professor Van Helsing, che uccidono il Conte. In Nosferatu è il personaggio di Ellen (che di fatto è Mina ma con il nome cambiato) a sacrificarsi in un amplesso per uccidere Orlok e salvare il mondo da una pestilenza.

Il fatto che Robert Eggers abbia scelto di dirigere Nosferatu e non Dracula, risiede proprio nelle tematiche che affronta.
Ci racconta una donna che vive al di fuori del proprio tempo: non la classica damigella in pericolo, ma una ribelle confinata in una società patriarcale. Un sottotesto oggi di moda, ma che è anche vecchio di 100 anni.

Ci sarebbe anche tutta una possibile chiave che vede il vampiro come metafora di una malattia mentale che si lega a Ellen (nella scena iniziale) e lentamente la divora sino a consumarla, rovinandole la vita al punto da spingerla al suicidio.
Ma andiamo avanti. Meglio soffermarci a guardare, nel dettaglio, com'è questo Nosferatu di Eggers.

In Nosferatu Eggers dà il suo meglio tecnicamente
Nosferatu è ineccepibile e rappresenta (almeno dal punto di vista estetico) il capolavoro di Eggers. Alcune sequenze sembrano quadri in movimento da quanto sono curate, il lavoro della fotografia è sopraffino quanto oscuro: non c’è una sbavatura da questo punto di vista anche se forse alla lunga (il film dura più di 2 ore) si inizia ad accusare una certa pesantezza.
E poi c’è il Conte Orlok, il vampiro per eccellenza che Eggers decide di riportare radicalmente alle origini, attuando su di lui la stessa operazione fatta con le streghe in The VVitch: spogliandolo di qualsiasi nota romantica e intridendolo di folklore popolare, riportandolo vicino a quei racconti orali che volevano il mostro come monito di pericolo, qualcosa che attende paziente nell’ombra il momento giusto per ghermirti. Letteralmente.

Bill Skarsgård è Orlok
Il personaggio di Orlok ci viene sempre mostrato avvolto dalla penombra, una scelta che se da una parte può apparire frustrante per (un certo tipo di) lo spettatore, dall’altra è tanto antiestetica, quanto sensata. Bill Skarsgård riesce a essere inquietante solo usando la voce e la sua mimica corporea, mostrata perlopiù da dettagli, il che non è cosa da poco.
Tutta la parte ambientata in Transilvania, dall’arrivo di Thomas Hutter nel villaggio sino al suo incontro con il Conte, riesce a trasmettere un senso di inquietudine e pericolo come pochi altri film contemporanei.

Nosferatu è riuscito?
Quel che resta addosso allo spettatore a fine visione però è un senso di frustrazione. Tutto è ineccepibile e visivamente appagante ma, quando arrivano i titoli di coda, si è avvolti da un senso di freddezza. Una storia esteticamente perfetta che riempie gli occhi ma non riesce a far del tutto breccia con la sua storia e i sentimenti che vuole trasmettere, rimanendo ben al di sotto delle monumentali ambizioni (e altrettanto monumentali aspettative) che si era preposto.

Genere: horror
Paese, anno: USA, 2024
Regia: Robert Eggers
Sceneggiatura: Robert Eggers
Fotografia: Jarin Blaschke
Montaggio: Louise Ford
Interpreti: Aaron Taylor-Johnson, Bill Skarsgård, Emma Corrin, Lily-Rose Depp, Nicholas Hoult, Ralph Ineson, Simon McBurney, Willem Dafoe
Colonna sonora: Robin Carolan
Produzione: Birch Hill Road Entertainment, Maiden Voyage Pictures, Studio 8
Distribuzione: Universal Pictures
Durata: 132'
Data di uscita: 01/01/2025