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Beef - Lo Scontro (2023), la recensione della serie tv: la collera dentro ognuno di noi

25/06/2023 12:06

Matilde Migliosi

Recensione Serie TV, Netflix Original, Serie Tv Drammatico, Serie Tv Commedia, A24, Lee Sung Jin, Steven Yeun, Ali Wong,

Beef - Lo Scontro (2023), la recensione della serie tv: la collera dentro ognuno di noi

Prodotta dall’alternativa A24, Beef - Lo Scontro non poteva che avere un enorme successo.

Uscita ad aprile 2023 su Netflix e prodotta dall’alternativa A24, Beef - Lo Scontro non poteva che avere un enorme successo, tanto da essersi già guadagnata l’appellativo di Miglior Serie dell’Anno.

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Di cosa parla Beef, la serie su Netflix

I protagonisti Danny (Steven Yeun) e Amy (Ali Wong),  orientali di seconda generazione a Los Angeles, conducono vite agli antipodi pur avendo una negatività comune che ribolle loro nel sangue. La mancata precedenza in un parcheggio darà il via a una folle corsa in auto tra le strade della Città degli Angeli a colpi di dito medio e insulti dal finestrino. Da un così futile motivo, scaturisce una faida che si ingigantisce fino a coinvolgere famiglie e amici, risucchiandoli in un tornado di conseguenze disastrose e folli, ai limiti della tragedia.

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Perchè Beef è una serie 100% A24

La A24 riprende le sue caratteristiche di maggior successo e con Beef realizza una nuova vicenda con protagonisti asiatici, con le loro tradizioni e differenze culturali. Questa rivoluzione nella rappresentazione degli orientali nell’industria di Hollywood ha fatto guadagnare una notevole fama alla casa di produzione già dal premiatissimo Everything, Everywhere, All at Once.

 

La grande rivelazione di questo prodotto seriale sta nel suo realismo: i personaggi sono veri e hanno problemi e esperienze reali uguali alle nostre. Chi non ha mai perso la pazienza alla guida? Tutto ciò ci porta a non tifare per loro ma nemmeno a odiarli: proviamo semplicemente una grande empatia che tiene incollati allo schermo, quasi come in uno specchio in cui riconoscersi e scaricare le proprie frustrazioni attraverso la manifestazione della loro ira.

 

 

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Il tema principale è di una semplicità quasi disarmante ma tanto complesso da trasportare la narrazione lungo dieci episodi. 

 

La rabbia, repressa e soffocata, come un mostro che scava dentro di noi cercando una via d’uscita, fa cadere la maschera che si indossa nella relazione con gli altri, una facciata perfetta che ne cela l’identità. 
 

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Questo rancore che cerca vendetta, si scontra con la società contemporanea, metaforicamente rappresentata dai puliti vialetti di Los Angeles, e che si aspetta dai suoi membri un sorriso rilassato e comportamenti puri. 

 

Quello di Danny ed Amy è un urlo disperato che va oltre il semplice it’s ok to not be ok, ha radici più profonde e avvelena l’animo. I due hanno facce che soffrono nella smorfia di un sorriso e sofferenze che prevaricano qualsiasi classe sociale. Ognuno dei protagonisti vuole distruggere l’altro, soltanto per poter annientare se stesso; e tra i due antieroi, così facendo, nasce una vera e propria complicità. Anche la depressione viene riconosciuta senza dare giudizi o scadere in luoghi comuni. 

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Beef, grandi personaggi e grandi contrasti 

L’autore coreano Lee Sung Jin realizza un capolavoro procedendo per contrasti: immacolate ville e selvagge colline californiane, lo stile di vita occidentale e le contaminazioni orientali, Burger King e le raffinate cene a base di funghi, il grande sogno americano e la sua rovina, i ricchi e i poveri, la bontà e la cattiveria. 

 

Il creatore porta il grande cinema coreano nella West Coast insieme a dei chiari riferimenti alla cinematografia di Bong Joon-ho, come i campanelli pieni di suspense che fanno calare nel totale silenzio le grandi stanze ariose e il brutale e grottesco penultimo episodio.  

A muovere la narrazione è il dualismo tra i due personaggi e le loro vite, identiche nella loro diversità. Amy è una ricca cinese e imprenditrice fatta da sé ma, sposata con un figlio d’arte, decide di vendere la sua attività per poter passare tutto il suo tempo con la piccola figlia. Danny, invece, è un tuttofare fallimentare per indole, costretto a badare sia al fratello minore che ai genitori, tornati in Corea per i troppi debiti. 

 

Le vendette e i crolli emotivi si specchiano e si alternano nelle dinamiche di entrambi fino all’ultimo episodio, in cui, in una sequenza allucinogena, perdiamo del tutto i riferimenti di Amy e Danny, confondendoli e unendoli definitivamente.
 

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Il successo è merito di un cast davvero eccezionale che, dopo una vita in ruoli secondari, finalmente si prende tutto il palcoscenico. Più di tutti, è la performance di Steven Yeun a lasciare senza parole: con la sua vulnerabilità e frustrazione, è il vero volto della vicenda, sia quando piange disperato, sia quando si ingozza di panini per strozzare problemi più grandi.

 

Il tocco di classe sta nei titoli di testa, accompagnati in ogni episodio da un quadro differente, come Il banco di macelleria di Peter Aertsen, in cui le carni appese, fatte simbolo di ricchezza, celano l’azione che si svolge in secondo piano, riprendendo il doppio significato di Beef: carne di manzo e disputa.

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Tutta la poesia e la delicatezza della storia culminano in un meraviglioso ultimo episodio, in cui si gioca a carte scoperte e che, in modo tutt’altro che didascalico, dà corpo a tutto l’accaduto. Infine, proprio come un suggerimento di vita, in un coloratissimo caleidoscopio, il tempo passa e si supera tutto insieme.

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