«L’aver avuto la possibilità di partecipare a un periodo storico in cui ti sentivi vivo… quello che facevi aveva un senso, ti sentivi libero… questo credo sia una cosa che fa pendere la bilancia verso gli aspetti positivi, più che verso quelli negativi di quel periodo». Sono le parole con cui chiude Luigi Schepisi, uno degli intervistati nel bel documentario di Monica Repetto 1974-1979. Le nostre ferite, visto al 38° Torino Film Festival e presentato Fuori Concorso.
Attraverso le interviste a cinque protagonisti, loro malgrado, di quel periodo, la documentarista romana ripercorre un quinquennio della nostra storia caratterizzato da forti conflitti sociali e lotte politiche, i cosiddetti “anni di piombo”.
Sono cinque storie di gente comune – alcune politicamente impegnate, altre no - che ricordano gli accadimenti che li videro coinvolti, senza colpe, in fatti di sangue.
Lo psichiatra Luigi Schepisi rimase vittima di un assalto da parte di una squadraccia di fascisti, una sera, nella piazzetta romana luogo di ritrovo di giovani di sinistra e dove si intratteneva insieme ad alcuni amici. Francesco De Ficchy, oggi professore in una scuola superiore e nel 1974 studente presso il liceo Augusto di Roma, si trovò oggetto di una aggressione da parte di un gruppo di neofascisti che gli sparò ferendolo gravemente. Annunziata Miolli, oggi quasi novantenne, nel gennaio del 1979 presso la sede di Radio Città Futura a Roma, dove con altre compagne conduceva settimanalmente una trasmissione del Collettivo donne casalinghe, rimase vittima di una strage compiuta da un commando dei NAR, formazione terroristica di estrema destra, alla quale partecipò anche il tristemente noto Giusva Fioravanti, condannato poi per la bomba alla stazione di Bologna.
A Torino Renzo Poser, che frequentava un master presso la Scuola di Amministrazione Aziendale, fu uno dei feriti durante l’assalto, nel dicembre di quello stesso anno, con cui un commando di Prima Linea tenne in ostaggio circa duecento persone fra studenti e professori, gambizzandone dieci. Infine Vincenzo Ammirata, allora poliziotto proveniente dal meridione venne ferito nel corso di un conflitto a fuoco, durante un assalto a una sede della Democrazia Cristiana in piazza Nicosia a Roma compiuto dalle Brigate Rosse. L’episodio in cui trovò la morte un ispettore di polizia, è ancora oggi per Ammirata un evento così doloroso che, come ammette lui stesso, anni dopo uno dei terroristi gli chiese il perdono ma lui non riuscì a concederlo.
Il documentario di Monica Repetto intreccia le vite private di uomini e donne, con un periodo storico estremamente complesso e drammatico del nostro paese, fornendo uno quadro realistico e mai esagerato. Facendo emergere il dolore mai sopito di chi fu vittima di eventi così tragici che ne hanno segnato per sempre l’esistenza.
Con una ricerca negli archivi dell’epoca, interviste e immagini di repertorio, spesso in Super 8, la regista guarda a quegli anni Settanta, da lei considerati «decennio cerniera per l’occidente capitalistico, fine del ciclo espansivo del dopoguerra, dominato da un forte conflitto sociale e da una irriducibile forza d’immaginazione». Facendo diventare le vicende personali di alcuni, storia collettiva di un intero paese.
Bisogna dare atto all’autrice che l’interesse per questo documentario sta nel fatto che, nonostante dalle parole degli intervistati emergano soprattutto i ricordi dolorosi che li hanno visti coinvolti, si riesce anche a percepire come quegli anni - come dice Luigi Schepisi al termine del film - abbiano rappresentato comunque un periodo di grande vitalità, attivismo, fervore culturale difficile da dimenticare per tutti coloro che li hanno vissuti.
Genere: documentario
Paese, Anno: Italia, 2020
Regia: Monica Repetto
Sceneggiatura: Monica Repetto
Fotografia: Antonio Demma, Walter Balducci
Montaggio: Beppe Leonetti
Produzione: Aamod, Film Commission Torino Piemonte
Durata: 60'