Più o meno in contemporanea con Avatar – La via dell’acqua è uscito nelle sale The Fabelmans, ultima fatica cinematografica di Steven Spielberg in cui, nella scena iniziale, vi è una battuta emblematica che riassume perfettamente il concetto di cinema: «Un film è come un sogno». Ebbene, questa manciata di parole collimano perfettamente con Avatar, a fronte anche alla maggior parte delle critiche (più o meno sterili) che gli sono state mosse.
Iniziamo con la più sentita? È solo sfoggio di CGI. Lamentarsi che Avatar faccia ostentazione della propria computer grafica è come lamentarsi del fatto che la Pixar faccia solo cartoni animati e non film live-action. Sono 15 anni che James Cameron è andato in all-in con la sua carriera (ma più in generale con la sua intera vita) puntando tutto sull’impianto visivo di Avatar, la sua motion capture portata all’estremo, l’ecosistema alieno ricreato dal nulla e il 3D immersivo. E, per quanto ne dicano i detrattori, ha vinto.
Il primo Avatar ci ricordò il significato di “esperienza cinematografica” settando un nuovo standard di verosimiglianza digitale e Avatar 2 prosegue esattamente su questa linea: anzi, stressa ancor di più tale concetto, dal momento che anche i già pochi ambienti “reali” e i personaggi umani del primo film qui vengono ancor più sfoltiti, portandoli a una percentuale prossima allo zero.
Di fatto James Cameron ci porta davvero in un mondo alieno, anzi di più: ce lo vuole far vivere. Ma tutto questo sfarzo, per quanto possa essere appagante, non avrebbe senso se non fosse supportato da una narrazione all’altezza, il che ci porta dritti dritti alla seconda critica più gettonata.
Se Avatar era stato definito «Pocahontas con gli alieni», il suo sequel viene liquidado con l'affermazione «la storia è uguale a quella del primo».
Non basta un messaggio ecologista (che data la corsa al collasso della Terra comunque non fa mai male ribadire) per rendere una storia uguale a mille altre già raccontate: anche Titanic è l’ennesima storia d’amore finita male, ma qualcuno si è mai davvero lamentato per questo?
Consideriamo poi Avatar come una saga nella quale abbiamo solo iniziato ad addentrarci: in quest’ottica il primo film assune quindi la funzione di un lungo prologo necessario per settare l’ambientazione e i personaggi, mentre Avatar – La via dell’acqua diventa un nuovo inizio che prosegue in modo più che coerente la narrazione, aumentandone il respiro e facendo presagire che, nel corso dei tre film che seguiranno, essa si ingrosserà sempre di più.
Ci sono delle ripetizioni e un senso di deja’vu in alcune scene? Assolutamente sì, ma non dimentichiamoci che la regola generale per un sequel (soprattutto secondo la concezione hollywoodiana dei blockbuster) è «prendi ciò che ha funzionato nel primo film e rifallo più grosso». Ebbene, se consideriamo tale assunto, Avatar 2 va praticamente nella direzione opposta.
James Cameron trasforma la storia in una saga familiare ambientata in un mondo alieno, riproponendo le dinamiche non in modo esponenziale, ma rendendole più intime e piccole.
A riprova di ciò, e data la megalomania a cui Cameron ci ha abituati, dopo due ore e mezza di film ci si potrebbe aspettare una battaglia d’epilogo enorme, tanto o più rispetto a quella vista nel primo film, e invece quello a cui assistiamo è una scazzottata tra due tizi blu mentre una nave affonda (che poi è uno dei pitch della poetica del regista canadese, da The Abyss a Titanic) ed è comunque bellissima e appagante perché girata da un fuoriclasse.
Una delle regole del cinema, troppo spesso dimenticata, è che gli effetti visivi devono essere al servizio della storia e non viceversa. Ebbene la storia di Avatar – La via dell’acqua è quanto di più semplice si possa immaginare: Jake Sully e la sua famiglia sono costretti a lasciare il loro villaggio e il proprio popolo per poterlo salvaguardare da uno sterminio già annunciato.
Per quanto visivamente maestoso, Avatar 2 ha un focus molto piccolo che si concentra su di un pugno di Na’vi in fuga, alla ricerca di un posto sicuro dove poter vivere e, più in generale, farsi accettare. Il che ci porta alla terza critica, ovvero: i ragazzini Na’vi si potevano anche evitare.
Siamo tutti concordi nel dire che Terminator 2 è un capolavoro che distanzia di partecchie misure il suo predecessore cinematografico? Bene. Protagonista del primo film era una allora ventottenne Linda Hamilton in fuga da un robot assassino proveniente dal futuro. Protagonista del secondo film era un allora quattordicenne Edward Furlong, ma nessuno si sognerebbe mai di dire che in Terminator 2 il ragazzino si poteva anche evitare. Perché qui sì?
Il problema è assimilabile a quello a cui assistiamo nei cinecomics: prodotti pensati per accontentare un pubblico quanto più vasto possibile, puntanto soprattutto sugli adolescenti, ma dei quali noi adulti spesso ci dimentichiamo.
Perché se il primo Avatar era il classico viaggio di formazione dell’eroe, qui il vero fulcro è riassumibile in: ragazzini costretti ad abbandonare la loro casa per andare a vivere lontano, in un posto nuovo e ostile. Una roba che abbiamo già visto milioni di volte, intrisa di rabbia giovanile e frustrazione, che parte da John Hughes ed è stata declinata in ogni maniera possibile. Il fatto che qui i protagonisti siano alieni blu non fa davvero alcuna differenza.
Visto in quest’ottica, Avatar – La via dell’acqua assume tutt’altro significato. L’impianto visivo non è altro che fumo negli occhi, qualcosa di necessario ad ammaliare lo spettatore per convincerlo ad andare in sala e vedere queste tre ore e passa di film. Ma ciò che interessa a Cameron è fare arrivare il suo messaggio.
I Na’vi siamo noi, le loro problematiche (il bullismo, la necessità di integrarsi ed essere accettati) sono le nostre e la guerra che stanno combattendo per Pandora dovrebbe essere la nostra.
Il messaggio ecologista si fa ancora più smaccato, ma è anche vero che rispetto a 15 anni fa siamo parecchi passi più verso l’orlo del baratro. Il fatto di introdurre degli alieni adolescenti e puntare sulle nuove generazioni qui non è solo un’operazione di marketing per vendere miliardi di gadget e accessori, ma diventa quasi un grido d’aiuto, qualcosa di necessario per far aprire loro gli occhi. Perché i film sono sogni, ma ciò non vuol dire che non celino un fondo di verità su cui soffermarsi a riflettere.
Genere: action, avventura, fantascienza
Titolo originale: Avatar: The Way of Water
Paesea, anno: USA, 2022
Regia: James Cameron
Sceneggiatura: Amanda Silver, James Cameron, Rick Jaffa
Fotografia: Russell Carpenter
Montaggio: David Brenner, James Cameron, John Refoua, Stephen E. Rivkin
Interpreti: Alicia Vela-Bailey, Bailey Bass, Brendan Cowell, Britain Dalton, CCH Pounder, Chloe Coleman, CJ Jones, Cliff Curtis, Dileep Rao, Duane Evans Jr., Edie Falco, Filip Geljo, Giovanni Ribisi, Jack Champion, Jamie Flatters, Jemaine Clement, Joel David Moore, Kate Winslet, Matt Gerald, Sam Worthington, Sigourney Weaver, Stephen Lang, Trinity Jo-Li Bliss, Zoe Saldana
Colonna sonora: Simon Franglen
Produzione: Lightstorm Entertainment, TSG Entertainment
Distribuzione: 20th Century Fox
Durata: 192'
Data di uscita: 14/12/2022