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La teoria del tutto

13/01/2015 11:00

Riccardo Tanco

Recensione Film,

La teoria del tutto

1963...

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1963. Stephen Hawking (Eddie Redmayne) è un brillante fisico e cosmologo che studia all'Università di Cambridge: il suo obiettivo è tentare di dimostrare l'esistenza di una teoria unificante per le leggi dell'universo. Ma una grave malattia degenerativa - l'atrofia muscolare progressiva - comprometterà la vita di Stephen e quella di sua moglie Jane (Felicity Jones).


Tratto dal libro Verso l'infinito (Travelling to Infinity: My Life With Stephen) scritto da Jane Hawking, La teoria del tutto è la prima opera cinematografica dedicata alla celebre figura di Stephen Hawking, dopo un film tv del 2004 dove a vestire il ruolo del fisico era stato l'attore Benedict Cumberbatch. Il regista James Marsh - autore degli apprezzati documentari Man on Wire (premiato con l'Oscar nel 2009) e Project Nim - torna al cinema con una storia dall'approccio classico, che si dedica a narrare la vita pubblica e privata di un genio dei nostri tempi. Recentemente premiato con due Golden Globe per la prova di Eddie Redmayne e per la colonna sonora, La teoria del tutto procede filologicamente, partendo dagli anni '60 - quando Hawking era un giovane e ambizioso fisico, autore di teorie rivoluzionarie (come la scoperta dell'inizio dell'universo) - fino all'incontro con la moglie Jane. Poi la scoperta dell'atrofia muscolare, che ha reso Hawking impossibilitato a muoversi per il resto della vita. Marsh avanza con una regia sottile ma anche esageratamente annacquata: il regista si lascia trasportare dagli eventi e opta per uno stile di stampo poco cinematografico, senza riuscire a parlare per immagini. Il genere biografico non permette di uscire da un seminato formale e si perde in una una sceneggiatura ordinaria, che rende l'opera sempre meno interessante, nonostante l'interpretazione di Redmayne colpisca per l'adesione fisica e vocale (forse troppo costruita e accademica) e la Jones lavori ottimamente in sottrazione e delicatezza.


La teoria del tutto è quello che ci si aspetta: un film senza un grande sguardo o problematicità sulla storia e sui personaggi, che si adagia nel celebrare il proprio protagonista. Si concentra sia sulla figura pubblica di Hawking - e la sua fama di fisico - sia sulla storia d'amore con la moglie, unica donna ad averlo accudito e non averlo abbandonato anche durante il peggiorare della malattia. Il film di Marsh è un'agiografia che non si sofferma e non ragiona; appiattisce tutte le sue componenti con un'anonima regia e una scrittura eccessivamente didascalica. Peccato, perché la vicenda di Hawking parla dei limiti del corpo e dell'immobilità, di movimenti che non ci sono più e di un legame tra pensieri e parole che ha dovuto trovare un proprio linguaggio per tornare a esprimersi, senza scegliere la strada più semplice e retorica.


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