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The Social Dilemma (2020): la recensione del (brutto) documentario di Netflix

19/10/2020 16:20

Aurora Tamigio

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The Social Dilemma (2020): la recensione del (brutto) documentario di Netflix

Provare a descrivere il pasticcio kitsch che è The Social Dilemma non è semplice

È peggio sbagliare un documentario che racconta una storia di cui non interessa a nessuno oppure mancare totalmente il bersaglio quando il tema è quello che suscita più dibattito nell’ultimo decennio? Bella domanda. Sicuramente, nel secondo caso ci si arrabbia molto di più. Da inizio settembre su Netflix c’è The Social Dilemma, un documentario di Jeff Orlowski che è un tale caos che persino provare a descriverne la trama è un’impresa. 

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Incominciamo dai primi minuti, in realtà piuttosto promettenti: si susseguono sullo schermo, in un formato intervista classico, alcune delle più brillanti menti dietro ai social network di maggiore successo. Come Justin Rosenstein, tra le varie cose inventore del pulsante "Like" di Facebook, o Jeff Seibert di Twitter.

Si aggiungono in questa conversazione a distanza uomini di affari come Roger McNamee, tra i primi a investire in Facebook, accademiche come Shoshanna Zuboff di Harvard e attivisti come Jaron Lenier, una delle più note voci anti-social. Tutti questi personaggi si presentano sullo schermo con qualcosa da dirci contro Facebook, Twitter, Google e gli altri cattivi del web. Protagonista tecnico del film è il “moralizzatore” Tristan Harris: ex Google, oggi co-fondatore del Center for Humane Technology, che incontriamo mentre si prepara a uno dei suoi TED Talk.

 

La tesi del film, per la quale vengono scomodate tante eminenti personalità, è una: il potere persuasivo dei social media ci sta rendendo degli zombie, con cervelli svuotati, in balia delle multinazionali e delle trame della politica.

A questo macrotema si intrecciano discorsi sul potere manipolatorio dei social sui più giovani, sull’assuefazione da feedback/like/interazioni, sulle fake news, sui pericoli per la salute mentale. Dopo oltre un’ora e mezza di premonizioni alla Black Mirror, arriva il finale - inspiegabilmente ottimistico - che invoca una regolamentazione del comportamento di compagnie come Google e Facebook e lancia un invito agli spettatori: coraggio, ci dicono le menti illuminate sullo schermo, staccatevi dagli smartphone e iniziate voi per primi a utilizzare i social in modo più intelligente. Perché i social vanno cambiati a partire dal nostro comportamento. Anche se, in realtà, la colpa è delle aziende che pensano solo ai profitti. O forse è della politica che controlla i social media. E se invece fosse Facebook a controllare la politica? 

 

Sarcasmo a parte, c’è molta confusione in The Social Dilemma. Le nozioni acquisite da autori e autrici del documentario sono estremamente frammentarie e vengono restituite in modo altrettanto impreciso. Montaggi convulsi e arbitrari raccontano l’attualità di numerose, diversissime, parti del mondo senza avere alcuna idea delle singole situazioni politiche, sociali e culturali. Dal caso Cambridge Analytica si passa al tema della scarsa alfabetizzazione tecnologica di Africa e India sino alle bufale dai cospirazionisti statunitensi e europei: non serve essere lettori regolari di Limes per comprendere che si tratta di scenari che non possono essere messi a confronto solo liquidandoli con la frase «Cos’hanno in comune i disordini in Russia, Myanmar, India e California? Ma è chiaro: Facebook e Google!». Pochi momenti che funzionano ci sono, per lo più quando si parla dei legami tra la tecnologia che sta dietro i social e gli studi sul comportamento - un esempio, la felice spiegazione del meccanismo dello scroll come una slot machine – ma anche qui i personaggi intervistati sono troppi e i loro contributi dispersivi e sempre incompleti.

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Ad accomunare gli sviluppatori, psicologi, PhD, professori e sociologi che intervengono nel film sono soprattutto i toni paternalistici, utilizzati per dirci, in fin dei conti, quello che nostra nonna ci ripete da anni: non stare tutto questo tempo al telefono, che ti fa male.

 

Infine, la cosa peggiore del film: l’inserto di fiction. Girato con una fotografia e uno stile da docu-soap, con tanto di tipica famiglia americana borghesissima in casa gigantesca, dove i genitori sono nevrotici, la figlia più piccola è depressa e l'adolescente vive davanti a uno schermo mentre sua sorella maggiore gli sta sempre addosso. All’interno di questa sceneggiatura, che ha una sua trama indipendente, c’è anche tempo per una messa in scena simbolica e metaforica dell’intelligenza artificiale come una stanzina piena di computer dove Vincent Kartheiser (il Pete Campbell di Mad Men) si fa in tre per manovrare, letteralmente, le pulsioni del giovane protagonista. 

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Provare a descrivere il pasticcio kitsch che è The Social Dilemma non è semplice. Il rischio è di apparire snob e di pretendere che un documentario che vuole parlare ai non addetti ai lavori di tecnologia e comunicazione sia accurato e specialistico. Ma il problema del film, ovviamente, non è l’approccio divulgativo a una materia nuova e estremamente difficile da spiegare, ma il rifiuto sistematico di affrontare ogni complessità. Il tema della regolamentazione dei social media e dell’autorità che vigila e garantisce - forse l’unico davvero interessante da giustificare la durata del film - viene liquidato in poche battute, per lasciare spazio al momento “buone pratiche del web” con consigli come «Lo smartphone solo dopo i sedici anni» o «Niente telefono prima di dormire». Sull’argomento delle fake news non viene mai data parola a un giornalista. Per il discorso Ads non è previsto l’intervento di nessuno che si occupi di marketing. Gli psicologi interpellati menzionano solo l’effetto dei social sui giovani: e che dire degli adulti? The Social Dilemma ci tiene un’ora e mezza davanti alla tv per dirci che internet è pericoloso se ne facciamo un uso eccessivo salvo poi ricordarci che serve anche a fare cose buone, tipo farti arrivare un auto ovunque ti trovi, in ogni parte del mondo: what? Discutiamo se questa è una cosa buona!

La pretesa di questo documentario di porsi non solo come un’inchiesta sui social media ma come un invito all’azione e al cambiamento per difenderci da Loro («Loro, chi?» è una delle domande che ci si fa più spesso durante la visione del film) fa sorridere, ma anche un po’ arrabbiare se si pensa che The Social Dilemma è nella top five dei più visti in Italia su Netflix da settimane. Alla fine, ma proprio fine-fine, la cosa più intelligente del film è la scritta finale: «Follow us on social media».


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Genere: documentario

Titolo originale: The Social Dilemma

Paese/Anno: USA, 2020

Regia: Jeff Orlowski

Sceneggiatura: Davis Coombe, Vickie Curtis, Jeff Orlowski

Fotografia: John Behrens, Jonathan Pope

Montaggio: Davis Coombe

Interpreti: Vincent Kartheiser, Skyler Gisondo, Kara Hayward

Colonna sonora: Mark A. Crawford

Produzione: Exposure Labs

Distribuzione: Netflix

Durata: 94'

Data di uscita: 9/09/2020

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