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I am not okay with this: (almeno) due buoni motivi per vedere la nuova serie originale di Netflix

03/03/2020 18:08

Redazione

Netflix Original, Approfondimento Serie Tv,

Marco e Samantha ci raccontano almeno due buoni motivi per iniziare - e finire - I am not okay with this, l'ultima, fulminante serie originale Netflix

I am not okay with this, l'ultima, fulminante serie originale bNetflix/b, è composta da 7 episodi da 25 minuti che si vedono tutti d'un fiato. Marco e Samantha ci raccontano almeno due buoni motivi per iniziare - e finire - questo show.


bL'ombra del re di Bangor/b - Marco Filipazzi


Trailer e locandine recitano: «Dai produttori di Stranger Things e dal regista di The end of the f***ing world». Ma dietro I am not okay with this si intravede la mano di un demiurgo ben più grande e famoso, la cui ombra si allunga ad avvolgere tutto e tutti. Quella di Stephen King.


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Lo scrittore di Bangor è riuscito negli anni a radicarsi talmente in profondità nell'immaginario comune che persino un prodotto come questo, che con lui non ha nulla a che fare (non è tratto né da un suo scritto, né tantomeno lui compare tra i produttori), è intriso della sua personalità.


Partiamo dai due giovani protagonisti: Sophia Lillis e Wyatt Oleff si sono entrambi visti nell'It di Andy Muschietti, dove interpretavano le versioni adolescenziali di Beverly Marsh e Stanley Uris. Anche in questa serie sono due Perdenti, che vivono ai margini della società scolastica; custodiscono un segreto in comune e trovano l'uno nell'altra la forza per andare avanti nonostante le loro famiglie difficili, i bulli, le amicizie incrinate e i problemi più o meno grandi che si parano loro d'innanzi ogni giorno.


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Padri violenti, famiglie che faticano a sbancare il lunario, animali domestici che muoiono all'improvviso, genitori suicidi... e ovviamente oscuri segreti da condividere! Tutti temi molto kinghiani, a cui si aggiunge la sterminata provincia americana. Anche se qui siamo in Minnesota e non nel vecchio, caro Maine.


Non può mancare, ovviamente, la componente "fantastica" che complica ancor di più le cose. Qui non ci sono pagliacci mutaforma: il fulcro del paranormale ruota attorno ai poteri telecinetici della protagonista che, come una bCarrie White/b moderna e meno (mooooolto meno) bacchettona, con lo scoppiare dell'adolescenza scopre di avere poteri telecinetici che non riesce (ancora) a controllare.


La citazione viene palesata sin dalle prime inquadrature, in cui la ragazza corre per strada coperta di sangue (non sappiamo il motivo, ma di certo non è stato John Travolta a imbrattarla di sangue di maiale), un'immagine che ritornerà più volte nel corso degli episodi e che ovviamente acquisterà senso solamente nel finale.


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Interessante anche il parallelo sessuale tra le due giovani protagoniste: in Carrie tutto iniziava con il primo ciclo mestruale della ragazza, qui il tutto viene legato alla primo rapporto sessuale della protagonista. E il sesso è la vera costante della storia, ciò che muove i personaggi e fa cambiare i loro rapporti; li avvicina, li allontana, li allontana e poi li riappacifica. Sino al botto finale. E quindi? Incrociamo le dita e speriamo che la seconda stagione arrivi presto!


bLa serie teen che piace ai non più adolescenti/b - Samantha Ruboni


È uno strano mondo quello di I am not okay with this. A partire dell’epoca in cui si svolge la storia, mai del tutto delineata: sembrerebbe la nostra contemporaneità, per l'uso di telefonini e messaggistica instantanea, ma un universo vintage di auto anni '70, vestiti anni '80 e VHS anni '90 ci fa dubitare di ogni cosa. Dai completini in stile La febbre del sabato sera alle giacche della squadra del liceo, alla Grease, la serie riunisce un insieme di suggestioni dalla cultura di massa che contribuiscono a rendere lo show appetibile e curioso.


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Quest’atmosfera vintage torna anche nella palette cromatica, soprattutto delle sequenze in interni, sui toni del marrone e del verdognolo, che ricorda le pellicole d'epoca oppure i colori di casa della nonna. Oppure la pellicola sporca delle videocassette tanto amate da Stanley.


Queste stesse caratteristiche le avevamo già trovate in un’altra serie Netflix affine a I am not okay with this, ossia The end of the f****g world, anch’essa girata dal regista Jonathan Entwistle. Ma che si trattasse dello stesso autore forse ve ne eravate già accorti delle inquadrature zenitali su piani e tavoli, per riprendere ciò che vi viene appoggiato oppure per dare risalto agli scambi - scambi tra mani e mani o tra mani e oggetti – e permetterci di comprendere quanto sarà importante per gli episodi successivi.


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Così come Stranger Things, anche I am not okay with this è basata sui cult degli anni '80, adolescenziali e horror, a cui viene aggiunta la variante paranormale. Torna l’ambientazione liceale, gli outsiders e il ballo di fine anno, punto di non ritorno della trama e luogo dove avviene l'exploit della narrazione.


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