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La vergine rossa (2024), la recensione: il biopic sulla femminista spagnola Hildegart Rodríguez Carballeira

31/03/2025 12:00

Claudio Cinus

Recensione Film, Amazon Original, Film Drammatico, Paula Ortiz, Film Spagna, Film USA, Film Storico,

La vergine rossa (2024), la recensione: il biopic sulla femminista spagnola Hildegart Rodríguez Carballeira

La vita, breve ma straordinaria, di Hildegart Rodríguez Carballeira: femminista spagnola morta nel 1933.

Come nome proprio femminile, a differenza della diffusa variante di origine tedesca che termina con la lettera D, Hildegart non è mai esistito né prima né dopo Hildegart Rodríguez Carballeira, femminista spagnola morta nel 1933. Improbabile che la coltissima madre Aurora abbia commesso un errore: rendere unica e inconfondibile, fin dal concepimento, una figlia voluta e cresciuta per diventare perfetta, la donna del futuro capace di educare e guidare le masse da una prospettiva femminista e socialista. 

La regista Paula Ortiz, in Hildegart - La vergine rossa, ne racconta la vita, notevole sebbene di breve durata, così straordinaria da sembrare inverosimile a chi non ne abbia mai sentito il nome.

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La trama di Hildegart - La vergine rossa

La poco più che cinquantenne Aurora Rodríguez Carballeira, interpretata da Najwa Nimri, racconta in prima persona una vicenda che sembra uscita da un romanzo gotico ottocentesco: scelse di farsi mettere incinta da un uomo che non poteva reclamare la paternità e partorì Hildegart, educata in solitudine attenendosi con fanatismo alle teorie della filosofia eugenetica, per renderla superdotata. Nella sequenza che mostra, in rapida successione, le abilità sia pratiche sia intellettuali acquisite dalla bambina prodigiosa già in tenera età grazie all'addestramento della madre, sembra di osservare lo sviluppo di una mutante da film fantasy, una piccola X-Men con un'intelligenza precoce fuori dal comune. 

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Una bambina, però, imprigionata nello schema di giornate ripetitive, con azioni ripetitive, in spazi ripetitivi: una rigidissima organizzazione imposta da una genitrice-padrona.

È la versione adolescente di Hildegart (Alba Planas, finora nota in Spagna per i suoi ruoli televisivi) a creare le inevitabili crepe nel rapporto madre/figlia, quando inizia ad allontanarsi da quel modello di giovane donna ideale scolpito pazientemente da Aurora. Il successo editoriale dei suoi testi innovativi sulla sessualità femminile e la partecipazione ai circoli socialisti nei quali porta istanze femministe fino ad allora quasi del tutto assenti la strappano dall'isolamento e le procurano una notorietà che la madre non sa come gestire. 

Come in un mito classico, la creatura vorrebbe sperimentare un’autonomia da sempre negata; all’opposto, la creatrice è una moderna Pigmalione che prima vede la sua statua perfetta prendere vita, poi la osserva pian piano sgretolarsi.

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Simbolismo e maternità in Hildegart

Hildegart fu soprannominata vergine rossa dal saggista e psicologo britannico Havelock Ellis: un appellativo che ne ricordava la giovane età che pure non le impedì di diventare, ancora minorenne, una pioniera della divulgazione sessuale in ambito scientifico e del femminismo, nonché la vicinanza al Partito Socialista di cui fu dirigente. Il rosso è anche il colore associato alla passione, alla sensualità, talvolta anche all'interno dell'anima, come lo intese Ingmar Bergman in Sussurri e Grida. 

 

Nulla di tutto ciò è presente nella vita di Hildegart, visualizzata anzi come avvolta nel grigiore imposto dalla madre. L'anaffettività materna è ben rappresentata dai cromatismi spenti: tanto nella cupezza dell'appartamento diviso dalle due donne solo con la domestica, quanto nei vestiti scuri indossati da entrambe con imperturbabilità, in ogni occasione. Nonostante l'aspirazione di Aurora fosse la diffusione delle idee liberali e progressiste del socialismo utopico per mezzo di una figlia che diventasse una guida per il popolo, questa mancanza di colore esprime l’oscurantismo dell’ideologia che non accetta rifiuti e non ammette la libertà dei pensieri divergenti.

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Il gioco di specchi che si crea tra le due protagoniste rievoca come la ragazza fu cresciuta dalla madre per somigliarle anche esteticamente: una replica tollerata perché creata da zero, un’estensione di sé innanzi tutto nel vestirsi e nel muoversi, in modo da influenzare anche come parlare e soprattutto come pensare. Non a caso, con i primi sussulti dell’indipendenza di pensiero, arriva anche la prima ribellione estetica, che ci restituisce Hildegart come un'adolescente affamata di esperienze e di amore. Ma questa non è la storia di una ribellione adolescenziale comune: sia perché Hildegart era un’intellettuale già famosa in patria e all'estero, potendo vantare tra i suoi ammiratori anche H.G. Welles, sia perché ebbe una madre che la considerava un esperimento scientifico, più che una persona, e come un esperimento decise di trattarla fino in fondo, come si può notare dalla puntualità argomentativa della sua voce narrante.

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Nove candidature ai Premi Goya

All'ultimo Festival del Cinema di San Sebastián, Hildegart - La vergine rossa è stato presentato in anteprima fuori concorso, forse perché altri film spagnoli in competizione già coprivano a sufficienza i temi femministi: Soy Nevenka di Icíar Bollaín su un vero caso di molestie sessuali che coinvolse un potente uomo politico; El llanto di Pedro Martín-Calero in cui l'invisibilità della violenza sulle donne è stata inserita in una cornice horror. Poco dopo è uscito nelle sale soltanto in Spagna, ottenendo anche nove candidature ai Premi Goya tra cui miglior regia (vincendo i premi per la scenografia e i costumi), mentre negli altri paesi, Italia inclusa, è stato distribuito direttamente su Prime Video.

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Una scelta comprensibile, considerando quanto la doppia biografia di madre e figlia sia profondamente intrecciata alle turbolente vicende storiche dell'epoca in cui si instaurò la Seconda Repubblica spagnola, negli anni Trenta del secolo scorso: un esperimento politico nato con l'ambizione di far evolvere una società conservatrice e smarrita, crollato sotto il peso delle divisioni sociali e delle violenze, terminato con un catastrofico fallimento che causò prima una guerra civile, poi oltre trent'anni di dittatura franchista. Un'utopia finita male: come la vita di Hildegart.


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Genere: drammatico

Paese, anno: USA/Spagna, 2024
Regia: Paula Ortiz

Sceneggiatura: Clara Roquet

Interpreti: Najwa Nimri, Alba Planas, Aixa Villagrán, Patrick Criado, Pepe Viyuela
Produttore: Lionello Cerri, Cristiana Mainardi, Joseph Rouschop, Katrin Renz, Stefan Jäger 
Fotografia: Pedro J. Márquez
Musiche: Guille Galván


 

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