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Il Signore degli Anelli: 20 anni fa si concludeva il viaggio (vero) nella Terra di Mezzo

22/01/2024 19:00

Marco Filipazzi

Editoriale, Film Cult, Film Fantasy, signore anelli, Peter Jackson, Tolkien,

Il Signore degli Anelli: 20 anni fa si concludeva il viaggio (vero) nella Terra di Mezzo

20 anni fa si concludeva il nostro viaggio nella Terra di Mezzo.

Sembra incredibile, eppure sono già passati 20 anni da quel fatidico 22 gennaio 2004: 20 anni dal giorno in cui si concludeva il nostro viaggio nella Terra di Mezzo.

Siamo seri: cosa c'è stato dopo Il Signore degli Anelli? La trilogia de Lo Hobbit, che abbiamo guardato più per forza d’inerzia che per vero fomento. Gli Anelli del Potere, una parentesi che è meglio non aprire. Lasciamo perdere. Torniamo a noi e consideriamo il 2004 l'anno in cui si è concluso il viaggio nella Terra di Mezzo.

 

Nel resto del mondo questa avventura è terminata il 17 dicembre 2003, ma qui da noi, per far largo agli incassi dei cinepanettoni (Natale sul Nilo conquistò il box-office con oltre 28 milioni quell’anno, mentre Il Ritorno del Re chiuse la sua corsa a quota 23 milioni) tutto venne spostato di un mese.

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Un mese di attesa spasmodica («Il respiro profondo prima del balzo» direbbe Gandalf, fomentata dalle - rare - indiscrezioni che arrivavano da Oltreoceano, in un’era in cui internet era agli albori e si aspettava che Ciak dedicasse qualche approfondimento al film. Il clima generale era questo e da amante del cinema… anzi, da nerd amante del cinema, non ricordo un altro film la cui attesa mi fece torcere così tanto le budella. 

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Davanti alla monumentale opera di Peter Jackson non c’è uno Star Wars, un Harry Potter o un Avengers che regga il confronto: con la sua Trilogia, Jackson dimostrava che non esistono storie “infilmabili” e incantava milioni di spettatori in tutto il mondo, inchiodati ad aspettare l’atto finale di quella avventura. Eravamo tutti consapevoli che un’altra epopea del genere non sarebbe mai più arrivata. Con la maturità e il senno di poi, si può dire che così è stato. 

Il Signore degli Anelli è lo Star Wars (mi riferisco a quello datato ‘77) della nostra generazione, un film su cui nessuno voleva scommettere perché troppo rischioso, che ha visto la luce solo grazie alla tenacia e la testardaggine del proprio regista. Una visione d’autore che non accettava compromessi e che, di fatto, non ne ha accettati. 

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Ma non solo. Il Signore degli Anelli è anche l’ultimo, vero kolossal giunto sullo schermo. Un film in cui ogni fotogramma è impregnato di passione artigianale e cura dei dettagli, in cui sono state usate tecnologie all’avanguardia, quasi sperimentali per l’epoca (la motion capture di Gollum), contrapposte a banali trucchi da salotto (le controfigure nane degli hobbit). Ogni elemento digitale veniva contrastato da decine di scenografie pratiche e costumi tangibili. 

Ma ci pensate che Hobbiville ed Edoras sono state costruite davvero per intero? O che esisteva un hangar utilizzato come guardaroba per contenere solo le tute e i costumi di orchi e Uruk-hai? Anche a lasciare esterrefatto è soprattutto il budget con cui Jackson & Co sono riusciti a creare l’intero mondo della Terra di Mezzo: 281 milioni di dollari. Per fare un paragone, la trilogia di Matrix uscita in quegli stessi anni, ne costò 370. The Marvels 250 milioni. E così via.

Il Signore degli Anelli ha fatto sì che la Nuova Zelanda - e stiamo parlando di un’intera nazione - si sia mobilitata in massa, unendo le forze per far prendere vita a questo mondo. Un enorme sforzo collettivo capitanato da un pazzo visionario di nome Peter Jackson, un regista che fino a 4 anni prima girava film splatter. 

 

Una manciata di giorni dopo l’uscita nelle sale italiane (5 per la precisione, era il 27 gennaio) vennero annunciate le candidature agli Oscar. 11 nomination per Il Ritorno del Re e sappiamo tutti come è andata a finire, con Steven Spielberg sul palco del Kodak Theatre che annuncia con serenità: «It's a clean sweep, for Lord of the Rings».

Peter Jackson ha sempre dichiarato che il film che gli cambiò la vita fu King Kong del ’33 e che ne voleva realizzare un remake per ispirare una nuova generazione di registi. Il Signore degli Anelli fu solo una tappa inconsapevole di questo percorso, ma adesso possiamo dire con assoluta certezza che è questo il film per cui verrà ricordato. 

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Lo scorso 22 gennaio abbiamo assistito alla proiezione de Il Ritorno del Re nella miglior sala d’Europa: lo schermo della Sala Energia dell’Arcadia di Melzo. Era piena. Più di 600 persone sedute a rivedere per l’ennesima volta lo stesso film. Sicuramente un po’ più vecchi, forse un po’ più saggi, senza dubbio più consapevoli di ciò che stavamo guardando: un film assoluto. 

Un autentico capolavoro che è riuscito a far da spartiacque e a definire un prima e un dopo Il Signore degli Anelli. 

 

E ci è riuscito senza spacconerie o pretese autorali, ma semplicemente grazie alla passione e alla dedizione di un gruppo coeso e sfaccettato di artisti, nel senso più puro del termine. Un film che riesce ancora a toccarci nel profondo e a emozionarci come la prima volta. Parafrasando Gandalf al suo arrivo a casa Beggins: «Vent’anni di età, e chi ci crederebbe? Eh... Non sei invecchiato di un giorno».

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