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Bang Bang Baby, la recensione della stagione 1 (2022): non c'è solo nostalgia anni '80 nella serie tv italian

07/06/2022 21:12

Valentina Pettinato

Recensione Serie TV, Amazon Original, Serie Tv Crime, Serie Tv Italia, Andrea Di Stefano, Arianna Becheroni,

Bang Bang Baby, la recensione della stagione 1 (2022): non c'è solo nostalgia anni '80 nella serie tv italiana su Prime Video

Bang Bang Baby non è solo nostalgia anni '80: ecco perchè guardare la serie tv italiana su Prime Video

Bang Bang Baby non è solo nostalgia anni '80: ecco perchè guardare la serie tv italiana su Prime Video

Si chiama Nostalgia Marketing, ed è un tipo di comunicazione che si basa sull’enorme carico emotivo che alcuni prodotti evocano nel target di riferimento, per poi sfruttarne il potenziale. Da Adidas a Nike, passando per Algida e Nintendo: molti brand negli ultimi anni cavalcano l’onda dei ricordi per instillare un sentimento nel consumatore e indurlo a un’azione: l’acquisto. 

 

Ma non solo la pubblicità, sono tantissimi i prodotti televisivi seriali che hanno fatto dell’effetto nostalgia una leva di fidelizzazione dello spettatore, pensiamo a Stranger Things, a Euphoria, al reboot di Beverly Hills 90210. E qui arriviamo a Bang Bang Baby: ultimo prodotto italiano di Amazon Studios, una produzione The Apartment e Wildside, in co-produzione con Enormous Films. Episodi divisi in parte iniziale e finale, distanziati più o meno da un mese di messa in onda su Prime Video.

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Di che cosa parla Bang Bang Baby

Ispirato dal libro L’intoccabile di Marisa Merico, Bang Bang Baby  è un coming of age che ha come protagonista Alice (Arianna Becheroni), una ragazza di 16 anni che vive con sua madre Gabriella (Lucia Mascino), operaia, in una cittadina del Nord Italia. Suo padre Santo (Adriano Giannini) è stato ucciso 10 anni prima, mentre passavano una giornata insieme al lunapark, episodio che segnerà per sempre la crescita di Alice. Un giorno, però, dalle pagine di cronaca di un giornale, spunta un volto a lei familiare: Santo non è morto, come sua madre le aveva fatto credere in tutti questi anni. 

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Non solo anni '80

Sono gli anni ’80 il cuore pulsante di questo prodotto. La serie inizia infatti con un mega spot delle Big Babol, ben impresso nella mente di chi è cresciuto in quegli anni, e procede facendo quasi una spunta alla lista della spesa di tutti gli elementi che possiamo individuare come cult e tipici della cultura pop 80s (dai Sofficini alle Charlie’s Angels, sino all’Amaro Ramazzotti).

 

La serie di Andrea Di Stefano - che ha sceneggiato con Valentina Gaddi e Sebastiano Melloni, e realizzato con la supervisione artistica di Michele Alhaique (che ha anche diretto sei dei suoi dieci episodi; mentre gli altri quattro vedono alternarsi alla regia Margherita Ferri e Giuseppe Bonito) - è un coraggioso tentativo di realizzare un prodotto fresco e originale. Sceglie una messa in scena accattivante e pop allo stesso tempo, nonostante gli aspetti più cupi che fanno parte della narrazione, raccontando il punto di vista di un’adolescente tormentata legata nel DNA alla malavita organizzata.

Perché Bang Bang Baby è sì una storia d’amore - quella di una figlia per suo padre - ma è anche una storia di ‘ndrangheta nella Milano degli anni ’80.

 

Una storia di sangue e sesso, soldi e potere, clan che si combattono tutto però immerso in quel caleidoscopio meraviglioso rappresentato dalla cultura di quegli anni, dallo strapotere della televisione e dalle canzoni di George Michael.

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Bang Bang Baby: la stagione 1

I primi 5 episodi lasciano un effetto di spiazzamento. Tutto sembra troppo nella narrazione: l'esasperazione dello stereotipo e del grottesco, così come la sovrabbondanza di elementi anni Ottanta - messi quasi a caso in ogni scena - fanno pensare a prima vista a un tentativo, tanto bello quanto ingenuo, di rappresentare tutto lo spettro di ricordi possibili per realizzare un prodotto un po' gigione che strizza l’occhio a un pubblico ben preciso. Tutto ovviamente reso super attuale da tematiche gender e rivendicazioni femminili.

 

Ma è nella seconda parte della serie che risiede il senso dell’opera e che gli eccessi trovano una sintesi armonica: quando la narrazione si apre ai suoi comprimari, rinunciando a stare addosso alla sua (immensa, stupenda) protagonista, la serie rivela tutti gli aspetti più interessanti e si posiziona meno come un mero esercizio stilistico. 

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Dando spazio a Nonna Lina (una splendida Dora Romano, già Signora Gentile ne È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino), a Nereo (Antonio Gerardi, nei panni di un irresistibile scemo del paese i cui improvvisi attacchi di follia possono essere placati solo dalle canzoni di George Michael) a Mattia Sbragia e Elisa Di Eusanio.

 

E proprio quando la serie diventa corale che si apre a una narrazione più convincente, seppur sempre potente dal punto di vista visivo e sonoro (la colonna sonora è pazzesca) e raggiunge il suo punto più alto: la meravigliosa scena del penultimo episodio, che si apre con un bellissimo "spiegone all’italiana" delle vicende precedenti, ma realizzato in un meraviglioso cartone anni ottanta; e poi la scena finale, che si chiude circolare - come scuola insegna - sulla scena iniziale. Le note di sottofondo sono quelle di Madame, che ha regalato alla serie la bellissima canzone L’eccezione.

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Tra intensi primi piani e luci a neon, Bang Bang Baby è una favola crime con un cast perfetto, che prova a raccontare, "tra giocattoli e pistole", una storia di malavita e amore intrisa di cultura pop e di una bellezza violenta e chimica. E si attacca alla nostra pelle passando proprio da un luogo per quegli anni magico: uno schermo tv.

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