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Bridgerton (2020), la recensione della Stagione 1: non solo romanticismo nella serie Netflix di Shonda

13/01/2021 15:37

Aurora Tamigio

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Bridgerton (2020), la recensione della Stagione 1: non solo romanticismo nella serie Netflix di Shonda

Bridgerton è la prima collaborazione tra Netflix e Shondaland: di che cosa parla il costume drama prodotto da Shonda Rhimes

Bridgerton è la prima collaborazione tra Netflix e Shondaland: di che cosa parla il costume drama prodotto da Shonda Rhimes

Il 25 dicembre 2020 è arrivato su Netflix Bridgerton: la prima collaborazione tra il colosso dello streaming e Shondaland, casa di produzione fondata e diretta da Shonda Rhimes. La serie è creata da Chris Van Dusen, collaboratore fidato di Shonda dagli inizi di Grey’s Anatomy, e basata sui romanzi di Julia Quinn.

Se, leggendo le recensioni, avete sentito dire che Bridgerton è «Elisa di Rivombrosa con più soldi»​, non vi fate scoraggiare. Questa serie tv si aggiunge alla lunga fila di successi prodotti da Shondaland: anche Bridgerton è un confort tv show (dopo il medical e il legal, è la volta del period drama: il dramma storico in costume) che si serve di un genere popolare per parlare a un pubblico vasto e composito, offrendo spunti di riflessione talvolta inaspettatamente politici.

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Di che cosa parla Bridgerton

Il Duca e io (titolo italiano) è il primo dei romanzi di Julia Quinn da cui è tratta la serie prodotta da Shondaland. Al centro della vicenda ci sono due famiglie dell'aristocrazia britannica della Regency-Era (1811-1820), i Bridgerton e i Featherington, i cui componenti sono legati da amicizie e rivalità.

 

La protagonista, Daphne Bridgerton (Phoebe Dynevor), è la debuttante più popolare dell’alta società londinese; in quanto tale, ha come scopo/dovere/privilegio quello di aggiudicarsi il miglior matrimonio possibile. Nel perseguire questo obiettivo, troverà un inaspettato alleato nel duca di Hastings (Regé-Jean Page): bello, cinico e contrario al matrimonio.

Il resto della trama è esattamente come ve la immaginate. L’intreccio di Bridgerton è quello classico del romance in costume, un po’ Orgoglio e pregiudizio e un po’ Downton Abbey. Ma se la storyline romantica è piuttosto prevedibile e scontata, non si può dire lo stesso dell’ambientazione.

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L’ambientazione di Bridgerton

Apparentemente, la serie si svolge nel periodo della Reggenza Inglese. In realtà Bridgerton ci introduce – gradualmente, senza bisogno di spiegoni – in un immaginario inizio Ottocento dove i nobili di Sua Maestà non sono tutti bianchi, ma appartengono a diverse etnie: nella fantasia di autori e autrici, infatti, la Regina Carlotta (interpretata da una mattatrice del teatro britannico, l'attrice anglo-guyanese Golda Rosheuvel) ha sposato Re Giorgio, dando vita a un’aristocrazia composita e inclusiva.

Dare credibilità storica a una realtà alternativa è qualcosa che hanno già fatto in molti: in casa Netflix, ci è riuscito benissimo Ryan Murphy con Hollywood: Bridgerton, con modalità simili e una cura altrettanto maniacale per costumi e scenografie, applica questo espediente al dramma in costume. Si inizia la serie credendo di vedere un emulo di Orgoglio e Pregiudizio, si finisce che non si è più molto convinti che questo paragone regga.

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Un romance dal punto di vista femminile

Come già detto, l’intreccio di Bridgerton non è nulla che non sia già stato portato mille volte sul grande e piccolo schermo. A essere innovativo è il modo di trattare alcune tematiche legate al femminile  - le mestruazioni, la masturbazione, il desiderio sessuale -  e l’aggiornamento di grandi leitmotiv del genere, come il matrimonio e la posizione della donna in società. Quello che nel Piccole Donne di Greta Gerwig risultava stucchevole, oltre che del tutto fuori focus, qui è invece perfettamente centrato.

 

Bridgerton, proprio come in Orgoglio e Pregiudizio, ruota attorno al tema del matrimonio come contrattazione e come elemento di emancipazione sociale per la donna. 

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Non si fa fatica ad ammettere che Shonda Rhimes, sin dai tempi in cui faceva la sceneggiatrice, parla perlopiù al pubblico femminile e che anche i romanzi di Julia Quinn siano letti soprattutto dalle donne. Bridgerton non fa dunque segreto del suo punto di vista femminile, che viene reso particolarmente palese in alcune sequenze: come quella che chiude l’episodio 1x05, The Duke and I, strategicamente a metà stagione.

Un altro elemento di innovazione: al centro di una storyline romantica - sempre credibile e mai grottesca - c’è un personaggio femminile (Penelope) che non corrisponde agli standard di bellezza più diffusi e proclamati. Sembra tutto scontato, ma quante altre volte avete visto in tv un’attrice con la fisicità di Nicola Coughlan non recitare nei panni dell’amica di ma portare avanti la trama fino a diventare centrale nella trama?

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Bridgerton non è il solito period tv show

In effetti, di dramma in Bridgerton ce n’è poco. Per l’umorismo e l’adattamento contemporaneo, oltre che per la presenza di protagonisti adolescenti (o comunque molto giovani) e della misteriosa cronista scandalistica, la serie tv è stata su vari fronti accostata a Gossip Girl.

Ancora una volta Shonda Rhimes presta la sua potenza produttiva a uno show che fa leva su un genere di successo e che parte da schemi che il pubblico conosce bene, e in cui si sente a suo agio, per innestare l'elemento di innovazione. 

 

In questo caso oggetto di un significativo rinnovamente (o svecchiamento) è il period drama. Domani, chissà. Forse non sarete mai fan di Shonda né del costume drama ma valeva la pena sapere, almeno, di che cosa si sta parlando.

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